martedì 11 ottobre 2011

Crisi, fisco, condono, idee per la crisi

Crisi e idee

Già nel maggio 2005 l'Europa sapeva della grande crisi. Nella primavera di tre anni fa, un vertice europeo informale approvò un memorandum che simulava una supercrisi finanziaria.
...Il documento, facilmente reperibile sui siti istituzionali della Ue, si intitolava “Memorandum d'intesa sulla cooperazione tra supervisori bancari, banche centrali e ministri delle Finanze dell'Unione Europea su situazioni di crisi finanziaria”...Nonostante si sottolineasse che questo atto non appariva vincolante per l'autonomia di intervento dei vari paesi in caso di crisi, lo scopo dell'operazione era chiaro. Ovvero, il sistema è ormai globale e nessuno di noi è un'isola.
Questo nel maggio 2005. All'epoca la notizia non suscitò particolare scalpore anche se ambienti londinesi non presero particolarmente bene la excusatio non petita del presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, affannatosi a tranquillizzare i cronisti sul fatto che l'accordo non significasse “la presenza concreta di minacce reali in tal senso a medio termine”. Bluffava o lo pensava davvero?...
A rendere il tutto ancora più credibile – lasciando in bocca un sapore di incombenza che le autorità invece negavano, Trichet in testa – fu poi la dinamica scelta per il piano di simulazione della crisi: stando agli studi dell'epoca, infatti, sarebbe stato il collasso di una grande banca operante a livello continentale a far scatenare l'effetto domino generale...

(Mauro Bottarelli sul Riformista del 31/10/2008)

* * * * * * In questa crisi le misure finanziarie sono insufficienti. La ripresa verrà quando inventeremo prodotti adatti alle esigenze del presente e del futuro. L'Italia del dopoguerra ha saputo farlo, pensiamo solo all'invenzione della Vespa, della Lambretta, della Cinquecento, della plastica. E' l'entusiasmo, la voglia di vivere, di fare, di riuscire che crea.

(Francesco Alberoni sul Corriere della sera dell'8/12/2008)

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Stanchi di essere sfruttati, i pescatori si mettono in proprio e vendono il pesce saltando ogni intermediario. In pochi giorni è un successo che scatena l'ira di pescherie e ristoranti. Ma i triestini tornano a mangiare i frutti del mare: a prezzo stracciato.
...E' questa la rivoluzione messa in atto da un mese a Trieste, che trova in Guido Doz, presidente regionale dell'Agci pesca, il suo “conducator”. Pescatore o meglio ancora coordinatore di una cooperativa con pescherecci, stufo di passare per le maglie della filiera, preoccupato per la crisi del mercato (tre cooperative di pescatori chiuse in un anno), stanco di dover pietire per incassare più di 0,70 euro a chilo per alici...vendute a ben altri prezzi in pescheria, ha deciso di alzare la testa.
...Così ha chiesto in affitto al Comune di Trieste una pescheria dismessa in Piazzetta Belvedere e l'autorizzazione a installare un camion-banco-frigo in una delle piazze più dimenticate, ma più centrali, della città, piazza Ponterosso.
La guerra del pesce nasce così. Con una giunta di centrodestra che accetta, un uomo di destra (Doz) che si fa paladino della politica economica della destra sociale e con altri che di destra non sono proprio, come Salvatore Pugliese, rappresentante di Legacoop, che coordina il banco di Campo Belvedere. Questo è il “radicamento sul territorio” che in tanti ben più in alto teorizzano, senza il coraggio di farlo...
Tutto è controllato dal servizio sanitario, c'è il cartellino con origine e quant'altro, esattamente tutto ciò che c'è nelle altre 54 pescherie della città. Ma a prezzi stracciati...a breve apriranno altri punti vendita e altri “camion-frigo” da dislocare nei mercati rionali. Oltre a un luogo dove prepararlo per venderlo già cotto...
A Trieste oggi il pesce costa meno del pane. E il pensionato con la minima, se ne ha voglia, può cenare a branzino...e poi valorizzano anche le colture locali di mitili. In piazza Ponterosso qualche giorno vendiamo dieci quintali di pedoci, mentre nelle pescherie si vendono mitili che vengono dalla Spagna...

(Francesca Longo sul Manifesto del 6/12/2008)

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Ogni giorno dagli scaffali dei supermercati italiani finisce nella pattumiera il cibo sufficiente a preparare colazione, pranzo e cena per 625.000 persone...Uno spreco inaudito che per di più ha un costo: il prezzo per lo smaltimento e il trasporto dei rifiuti, le ore di lavoro dei dipendenti che fanno pulizia, la tassa della spazzatura. Qualcuno però ha deciso di fermare questo meccanismo infernale: un professore di Bologna, insieme ai suoi studenti, ha messo in piedi Last Minute Food, una associazione che recupera il cibo buttato dalla catena della grande distribuzione per renderlo disponibile alla rete delle associazioni di volontariato.
Parte da qui “Non sprecare”, il libro che Antonio Galdo, giornalista, ha appena pubblicato con Einaudi (pp.170, euro 16,00), ma che non si ferma al problema del cibo...
“...Così sono andato a cercare le storie di persone che non solo riescono a non sprecare, ma anche a fare dello spreco una risorsa. Persone che si muovono in luoghi distanti dalla politica, ma che la politica, così povera di progetti e utopie, farebbe bene a cercare e a capire...”

(Cristiana Pulcinelli su L'Unità del 3/12/2008)

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Un boom verde. L'energia del vento fa ricca la Spagna. Dal settore 3 miliardi annui e 38mila posti. Superati i megawatt delle 8 centrali atomiche.

(Titolo dell'articolo di Gian Antonio Orighi su La Stampa del 30/12/2008)

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L'eco-edificio “paga”. I green building continuano ad avere elevati tassi di occupazione.
...Tra le varie tipologie di edifici commerciali, quella che comunque riuscirà a reggere l'impatto della crisi, conservando maggiore commerciabilità, è quella degli uffici caratterizzati da standard superiori e ad elevata efficienza energetica. Anche la redditività di questi immobili sembra destinata a rimanere più elevata. Secondo un recente studio, infatti, “gli utilizzatori di spazi per l'impresa sono disposti a pagare affitti superiori al 10% dell'affitto medio di mercato per un green building”. La diffusione di edifici a elevata efficienza energetica nel prossimo decennio – concludono i ricercatori di Nomisma – potrebbe determinare un risparmio nei consumi pari circa al 18 per cento”...

(Emilio Bonicelli sul Sole-24Ore del 15/11/2008)

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Che la congiuntura sia difficile non lo si può negare, ma neppure che ci siano modi molto diversi di affrontarla. O che ci siano settori che vanno controcorrente. E' così che si spiega la storia di un gruppo di lavoratori trentini che piuttosto di rimanere a casa in mobilità e vedere fallire l'azienda in cui lavoravano, hanno costituito una cooperativa e la hanno rilevata...
“Se abbiamo fatto la scelta giusta, sarà solo il mercato a dirlo”, sostengono i lavoratori della Nicolini spa, storica azienda trentina di mobili per bagno...
Il progetto è stato finanziato nella fase iniziale con i risparmi dei lavoratori e con un finanziamento della locale cassa rurale.

(Cristina Casadei sul Sole-24 Ore del 31/12/2008)


100 miliardi, pari a 7 punti di pil. E' quanto brucia in un anno l'evasione fiscale in Italia. Ma tra il 2006 e il 2007 un quinto delle “mancate entrate” è stato recuperato. E' il dato saliente del Rapporto al parlamento redatto dal viceministro dell'economia Vincenzo Visco. Finita la stagione dei condoni, i 23 miliardi di maggiori incassi sono dovuti sia all'incremento degli accertamenti che all'adeguamento “spontaneo” da parte dei contribuenti.
...Il sommerso fiscale italiano supera almeno del 60% la media dei paesi dell'Ocse.
...Le grandi imprese evadono di più in valore assoluto, ma in percentuale le piccole e medie si comportano peggio: occultano il 55% in più di base imponibile delle grandi. Le differenze tra Nord e Sud sono “minime”, sostiene il rapporto, rompendo lo stereotipo secondo cui al Sud si evade più che al Nord.

(Sul Manifesto del 24/10/2007)

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Anche i rigoristi vogliono spendere, qualche volta. La lotta all'evasione richiede risorse, protesta il viceministro dell'Economia Visco, che nella lunga notte della legge finanziaria ha subito anche lui un taglio. Voleva una deroga al blocco delle assunzioni per Agenzia delle Entrate e Agenzia delle Dogane, e gliel'hanno cancellata. Inoltre, per dimostrare che non ce l'aveva con la Guardia di Finanza, aveva chiesto 80 milioni per accrescerne l'efficienza”, e non li ha avuti...Ieri l'ha detto in tv, che quel taglio non gli va bene: “Se la si vuole fare, la lotta all'evasione, bisogna potenziare gli uffici”... Fino adesso, spiega Visco, “questo governo ha potuto recuperare evasione fiscale grazie al cambiamento di linea politica rispetto al governo precedente, perchè i contribuenti hanno capito che facevamo sul serio. C'è stata una maggiore adesione spontanea di cui abbiamo visto i risultati”. Ma d'ora in poi, per continuare ad accrescere il gettito, “occorre che l'amministrazione del fisco si rafforzi, assumendo giovani preparati”; altrimenti, ci si fermerà qui.
Soprattutto nel Nord abbiamo bisogno di nuovi impiegati, precisano all'Agenzia delle Entrate. Il loro è uno dei rari casi nell'amministrazione pubblica, dicono, dove la produttività si può misurare: tanti nuovi assunti, tanto gettito recuperato. Ogni nuovo assunto può rendere allo Stato parecchie volte il suo stipendio...

(Stefano Lepri su La Stampa del 1/10/2007)

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All'Agenzia delle entrate i dipendenti entrano poco. L'ufficio che scova gli evasori ha un problema di evasione dal lavoro: 1800 “malati” per più di 50 giorni di fila. Ora li hanno messi in riga. E i risultati si vedono: nel 2007 un boom di accertamenti. Grazie a nuove tecniche. E a 36mila lettere anonime.
Colpire, prima di tutto, l'evasione in casa propria. Il direttore dell'Agenzia delle entrate, Massimo Romano, ha fatto due conti e ha scoperto che tra i suoi 30.335 dipendenti qualcosa non va: troppe assenze per malattia (1800 sono stati assenti per più di 50 giorni di fila), troppi distacchi sindacali (magari per cambiare sede), troppi permessi per assistere i parenti non autosufficienti. Risultato? Un'operazione “trasparenza”, di controlli e verifiche sul personale, e un appello al ministero del Tesoro (da cui l'Agenzia dipende), perchè vari norme più efficaci e rapide per colpire gli scansafatiche e per licenziare i dipendenti corrotti. Del resto, l'assenteismo è tutto lavoro sottratto alla lotta all'evasione. Finita l'epoca dei condoni targati Tremonti, in cui il personale era soprattutto occupato a gestire le richieste di sanatoria, oggi l'Agenzia delle Entrate impiega per la caccia all'evasione più della metà delle sue risorse interne: si punta sulle donne (il 52% del personale) e, in generale, sui giovani laureati in economia e in legge.
A Roma, nelle stanze di vetro di via Cristoforo Colombo dove c'è la sede centrale (altre 386 sono sparse per l'Italia), il lavoro davanti al computer è a ciclo continuo. Spesso si fanno le ore piccole...Anche se servirebbe altro personale (la richiesta è di 4600 assunzioni nel prossimo triennio), i risultati di questa nuova stagione della lotta all'evasione sono da record: il 95 per cento dei controlli effettuati va a segno (almeno un'infrazione, cioè, viene rilevata).
Un dato che fa impressione, ma si deve tenere conto che si tratta di verifiche mirate, mai casuali...Le informazioni per stanare gli evasori ci sono: la scommessa vera è riuscire a metterle in relazione tra loro...
Se informatica e statistica sono gli strumenti principali di questo lavoro, capita che le verifiche partano dalle segnalazioni sul vicino di casa. Un fenomeno non tanto marginale: sono circa 36mila le lettere di “delazione” spedite ogni anno all'Agenzia (da mittenti sempre anonimi). Quando le denunce sono generiche non vengono prese in considerazione, ma se i dettagli sono precisi il personale dell'Agenzia inizia a compiere le verifiche... Spesso, poi, collegata con l'evasione c'è la criminalità organizzata e il supporto della Guardia di Finanza è fondamentale, data la natura amministrativa dell'Agenzia e quella militare delle Fiamme Gialle....

(Marco Romani sul Venerdì di Repubblica del 5/10/2007)

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In Sicilia il record delle “lunghe degenze”.
Tempra di ferro in Trentino, cagionevoli in Sicilia. Sarà colpa del sole ma nell'isola i dipendenti dell'Agenzia delle entrate si ammalano ogni anno per un numero di giorni (sedici) doppio rispetto ai colleghi che vivono sotto le Alpi (otto). Ma dalla relazione sul 2006 scritta dal direttore, Massimo Romano, emerge una doppia realtà: a fronte di 1800 dipendenti che sono stati lontani dalla loro scrivania per oltre cinquanta giorni, più di un terzo dei lavoratori (il 34 per cento, pari a 12.500 persone) non ha portato nemmeno un certificato medico. Non deve stupire, poi, che il 53 per cento delle assenze superi i 15 giorni: sotto questo numero, strano ma vero, al dipendente viene sottratta dallo stipendio un'indennità di 230 euro (che altrimenti non verrebbe toccata).Questo meccanismo, inventato per stoppare il microassenteismo (quello di due o tre giorni), ha finito con il moltiplicare le “lunghe degenze”... è come se ogni anno l'Agenzia lavorasse con 370 persone di meno.

(Marco Romani sul Venerdì di Repubblica del 5/10/2007)