martedì 21 aprile 2015

"Schiavisti"

La parola che più infastidisce leggendo le migliaia di parole pubblicate in questi giorni sui giornali è la parola "schiavisti". Una parola che è stata twittata e pronunciata da Renzi e da Alfano. E - scorrendo i social network - da Claudia Gerini, da Formigoni, da Luigi Amicone, da Fabrizio Rondolino, dall'Europa secondo un titolo de La Repubblica, e ovviamente da tante altre testate.
Ora citerò  un glossario elaborato appositamente per i giornalisti, per fare informazione con le parole giuste. Fa parte della cosiddetta Carta di Roma, che è una cosa che si deve studiare quando si fa l'esame da giornalista.

Dice che "vittima della tratta è una persona che, a differenza dei migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’ s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi". 

Secondo voi quanti delle centinaia di morti in mare, di quelli che sono sopravvissuti, di quelli che arriveranno domani, di quelli che sono arrivati a Rodi per il rotto della cuffia, di quelli che sono affogati in questi anni rispondono a questa definizione?  Nessuno, secondo me. Secondo me parlare di schiavisti, quando si parla di questo fenomeno, è una pagliuzza, uno specchietto, una minchiata.

Le intercettazioni che oggi abbiamo letto sui giornali - come tutte le intercettazioni pubblicate da tutti i giornali da tutti i processi in corso - non aggiungono nulla a quel che ogni persona raziocinante sa: che gli immigrati quando arrivano in Italia cercano di andare da qualche parte, che per farlo devono mettere insieme un po' di soldi, che qualcuno si organizza e guadagna su questo, che loro pagano per farlo, che chi ci guadagna magari è un po' cinico o un po' sbruffone.
Poi ci sono le storie che impressionano le anime candide, le frustate date agli immigrati perché si facciano mandare altri soldi per il viaggio. Ma poi quei soldi arrivano, e si parte.

Il fatto insomma è che se uno spende 1500 euro per attraversare il mare in quel modo non può fare altro, o non sa fare altro, o non vede altra strada di fronte a sé. E tu non ci puoi fare niente. Non ci sono "schiavisti" che ti costringono a partire per sfruttarti quando sei arrivato. Ci sono migliaia di persone che vogliono partire, centinaia di migliaia.

Nessuno che si chieda mai: con 1500 euro si compra un biglietto per andare a Stoccolma, per andarci comodamente in aereo, dall'Africa ci vogliono quattro ore. Perché non lo comprano? Perché non possono farlo. Perché per atterrare a Stoccolma ci vuole il visto, e il visto non te lo danno.
Teoricamente in ogni aeroporto dovrebbe funzionare una struttura per i richiedenti asilo. Ma funziona? Leggete questo articolo del Sole 24 Ore e capirete perché gli immigrati che pure potrebbero provarci rischiano di più con gli "schiavisti" che con la burocrazia.

Se Renzi, Alfano e Formigoni vogliono fare qualcosa possono dare disposizione alle ambasciate di far dare visti a tutti quelli che fuggono dalle guerre. Si chiede il visto in ambasciata, lo si ottiene e si parte. Fine delle tragedie in mare.

State sicuri che poi la voce si sparge, in questo i disperati sono bravi: trovano la strada per arrivare in 4 mesi dal Sudan a Stoccolma, figurati se hanno problemi a compilare un modulo. E se all'aeroporto gli chiedono se hanno paura di tornare nel loro Paese, sicuramente non risponderanno come il povero Tom Hanks nel film The Terminal.

martedì 14 aprile 2015

Mia madre, perché non ci vado a vederlo

Dopo aver letto il titolo "La cognizione del dolore secondo Nanni Moretti ho deciso che il film Mia madre non lo vedrò.
Ho visto quasi tutti i film diretti Moretti, a parte quello in cui ci raccontava del figlio piccolo e quello sull'altro figlio, di fantasia, adolescente, infrociato col motorino mi pare. Mi ricordo e ancora rido frasi come "io uccido mia madre", che la diceva Freud in Sogni D'oro, oppure quando lui canta "non crederle, sei solo un giocattolo", rivolgendosi alla madre in non mi ricordo quale film, forse Ecce bombo.
Mi piacque tanto - a parte Io sono un autarchico, Ecce Bombo, Sogni d'oro, Bianca - pure Palombella rossa.
Mi sono abbastanza rotto le palle ad Habemus papam a parte qualche cosa che faceva ridere, ed a parte i cardinali che erano carini.
Il caimano era bello solo per il pasticcere trotskista. Per il resto mamma mia.
(Tra parentesi: l'attrice Jasmine Trinca - a parte quel film di Valeria Golino sull'eutanasia - non la reggo)
Ho sempre pensato che i girotondi siano iniziati perché quella volta lui era un po' imbriaco, nel senso che proprio aveva bevuto un po' troppo, ed è salito sul palco e da lì per un par d'anni non ha potuto fermarsi, ma poi per fortuna si è fermato.
In finale, dopo due giorni che ci tarallano con pubblicità e recensioni in deliquio per il film Mia madre, non ci vado a vederlo. La cognizione del dolore secondo Nanni Moretti no, perché le parole sono importanti.