sabato 27 agosto 2016

Per fare il cemento armato ci vuole cemento, sabbia, pietrisco, ghiaia

Nei giorni scorsi molti di voi avranno letto – sui giornali o ancora più probabilmente sui social network – una frase attribuita ad un personaggio autorevole, un magistrato, e non un magistrato qualsiasi ma un Procuratore della Repubblica. Quello di Rieti. 

Il dottor Giuseppe Saieva – scriveva il quotidiano LaRepubblica – rivolgeva una pesante accusa a chi aveva costruito un palazzo crollato ad Amatrice. Un palazzo in cui, diceva, “devo pensare che sia stato costruito al risparmio, utilizzando più sabbia che cemento”.

Ora, visto che la frase è rimbalzata ovunque ed ha dato spunto ad indignate riflessioni di giornalisti ed opinionisti che evidentemente non hanno idea di come funzioni l'attività in un cantiere, che la sabbia sia di più del cemento è assolutamente normale. Quando si voglia impastare una malta o calcestruzzo armato, infatti, il rapporto tra cemento e sabbia, ghiaia e pietrisco, se proprio vogliamo fare un bel cemento armato, è di uno a tre. Per esempio: 400 kg di cemento a fronte di 0,4 metri cubi di sabbia, di ghiaia e di pietrisco. 0,4 metri cubi di sabbia pesano circa 800 chili.

Ma siamo certi che anche questa breve lezioncina su come si impasta il cemento non basterà. Forse – come pure abbiamo letto e condiviso su Twitter – servirebbe che i giornalisti e gli opinionisti esperissero l'esperienza di un anno di cantiere prima di parlare di cose che non conoscono.


Ma non è neppure questo il punto. 
Il punto è che il dottor Saieva, dopo che le sue dichiarazioni hanno cominciato a circolare, ha fatto un chiarimento. Deve essersi spaventato. Ed ha detto intanto che la frase sul palazzo con più sabbia che cemento era 
“una frase estrapolata da una considerazione che facevamo in modo assolutamente generale con riferimento alla possibilità che parte di un edificio possa crollare e parte no. Dico: mah, può dipendere un po' da tutto, dal fatto che magari in quel caso la malta sia più carica di sabbia che di cemento”, insomma “era semplicemente una considerazione assolutamente non dico salottiera ma giù di lì”.

Insomma, dice Saieva, io non ho accertato nulla. E infatti spiega: 

“Non abbiamo nessun dato investigativo certo”. 

 E ancora: 

"Acquisiremo tutti gli spunti investigativi che ci verranno dati sia dalla polizia giudiziaria che anche dai media, perché è tutto utilizzabile". 

E ribadisce il concetto: 

"Non abbiamo nessun dato investigativo certo e addirittura ci basiamo al momento sui media. Le nostre forze di polizia giudiziaria sono tutte impegnate nelle attività oppure in attività di coordinamento, non possiamo neppure distoglierla per acquisizioni che si possono fare in un secondo momento".


Ora, se l'italiano ha un senso, Saieva ci dice che per ora non ha elementi. Che li sta acquisendo. Che si basa anche su quello che si legge sui giornali. E uno si chiede: ma tutti gli articoli che prendevano spunto dalle dichiarazioni “salottiere” di Saieva? Alla fine i carabinieri acquisiranno pure quelli? 

sabato 13 agosto 2016

Sirte, Isis e barconi: ma di quale allarme state parlando?

Ho sentito e risentito l'intervista alpresidente del Copasir Giacomo Stucchi su RaiNews24 per cercare di cogliere l'allarme che avrebbe lanciato. Almeno stando ai titoli di gran parte di giornali, agenzie, siti di informazione. E invece ho sentito toni molto bassi. 
Stucchi è un esponente della Lega che da presidente di quell'importante organismo ha imparato a parlare senza dire sciocchezze come fanno alcuni suoi colleghi di partito. 
Ebbene, anche in questa circostanza cerca di farlo. 

Per esempio ridimensionando le domande un po' azzardate. La giornalista di Rai News 24 gli chiede se è “una realtà concreta” che possibili terroristi arrivino in Italia con i barconi. Lui risponde: no, non è una realtà concreta, è una possibilità. Visto che da Sirte l'Isis sta scappando, è possibile che quelli che scappano “potrebbero anche considerare” la via del mare, i barconi verso l'Europa, “è una possibilità, non una certezza”. Stucchi fa di più: dice che mentre qualche tempo fa questa possibilità era del tutto esclusa perché non aveva senso che l'Isis mandasse un miliziano addestrato e pronto alla guerra santa a rischiare di affondare al largo di Lampedusa, ora - con il casino che c'è in Libia - magari potrebbero scappare in questo modo. Una fuga, più che una strategia del terrore. 

Dice: ma ci sono le temibili scritte contro Roma sui muri di Sirte. E Stucchi pazientemente ricorda che se è per questo ogni mese sulla rivista in inglese di Daesh-Isis ci sono le stesse minacce, si sono viste le immagine photoshoppate di San Pietro con la bandiera nera, c'è la minaccia ai cristiani e ai crociati eccetera. Però, dice Stucchi, “io non vi leggo un riferimento diretto a Roma ma alle comunità occidentali e alla cristianità in generale”. 

E d'altra parte attentati ci sono stati ovunque, a Parigi, a Nizza, a Bruxelles, in Germania. In Italia a parte un pazzo armato di machete nelle strade di Milano che non era dell'Isis, non si sono visti attentati. Ma potrebbero esserci.
Dice: ma le notizie sul passaggio di infiltrati jihadisti tra i profughi? Stucchi sempre paziente risponde che occorre contestualizzare, “se ci sono stati passaggi” di potenziali miliziani dell'Isis “non vuol dire che siano ancora presenti” e comunque “non ci sono allarmi puntuali su obiettivi precisi” per l'Italia. Non vuol dire, ovviamente, che l'Italia sia al sicuro. 

Stucchi probabilmente avrebbe voluto dire alla giornalista che finora gli attentati in Europa li hanno fatti tutti militanti islamici residenti in Europa, non provenienti dalla Siria in guerra. E – a giudizio di chi scrive – ai libici o non libici che stavano a Sirte dell'Italia non importa molto. 

Ma ormai il circo è partito e domani leggeremo sui giornali dell'allarme che viene da Sirte via barcone. Forse sul barcone, ma verso Sirte, bisognerebbe mandarci mezza stampa italiana.