sabato 30 maggio 2015

Legge Severino: Gianluigi Pellegrino, avvocato ed elettore Pd, spiega a Renzi perché ha sbagliato a candidare De Luca

"La questione che abbiamo promosso riguarda direttamente il sindaco di Napoli De Magistris e solo di riflesso Vincenzo De Luca. Il Movimento difesa del cittadino ha deciso di promuovere quell'azione perché da quando è in vigore la legge Severino ci sono stati decine di amministratori sospesi, che sono rimasti 'colpiti' dalla norma, e ci sono stati molti pronunciamenti del giudice amministrativo che hanno respinto i loro ricorsi. Quasi nessuno di dunque ha avuto la tutela di cui hanno potuto godere dal Tar Campania i sindaci De Magistris e De Luca. Quello che noi abbiamo contestato è la titolarità della giurisdizione".
Così Gianluigi Pellegrino, l'avvocato e giurista che ha propiziato la decisione della Corte di Cassazione che sta dando gli incubi al segretario del Pd e presidente del Consiglio Renzi. E pensare che Pellegrino, cinque anni fa, fu uno degli avvocati del Pd che riuscirono ad ottenere la cancellazione delle liste del Popolo della libertà alle elezioni regionali del Lazio, in una memorabile vicenda in cui i delegati del Pdl con le liste arrivarono tardi per il deposito delle stesse e Renata Polverini si trovò senza il partito di maggioranza. 
Da quella ordinanza infatti "De Luca o altri amministratori non potranno più contare sull'intervento immediato del Tar Campania” (sul quale evidentemente De Luca contava ndr) e dovranno ricorrere al giudice ordinario, il cui procedimento è "ben più articolato", come spiega Pellegrino. E la stessa presidente Pd della Commissione giustizia della Camera Ferranti non può che confermare che i tempi del giudice ordinario saranno sicuramente più lunghi di quelli del giudice amministrativo
Nel frattempo però non sembra esserci alternativa alla sospensione, nel caso in cui De Luca vincesse le elezioni. Si è parlato molto in questi giorni del tempo che sarebbe lasciato all'eventuale vincitore di insediarsi e nominare un "suo vice di fiducia", come dice ancora Pellegrino. Ma le motivazioni dell'ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione non sembrano lasciare dubbi: “Nella configurazione legislativa della legge Severino non è attribuita alla Pubblica amministrazione alcuna discrezionalità in ordine all'adozione del provvedimento di sospensione”, dice la Cassazione. La sospensione “opera di diritto al solo verificarsi delle condizioni legislativamente previste e per il tempo previsto dal legislatore; al prefetto non è attribuito alcun autonomo apprezzamento in ordine all'adozione di provvedimento di sospensione e non è consentito di modularne la decorrenza o la durata sulla base della ponderazione di concorrenti interessi pubblici”.
Pellegrino traduce così: "Si tratta di una attività obbligatoria e vincolata, che deve essere compiuta dal governo sentito il Prefetto. Renzi non può indugiare, e chi lo chiede sembra non rendersi conto che il presidente del Consiglio si renderebbe responsabile – se esitasse - di un abuso d'ufficio vero e proprio". Compie abuso d'ufficio - dice Pellegrino recitando il codice penale "chiunque ritardi un atto del proprio ufficio per procurare ad altri un vantaggio che non vi sarebbe se l’atto fosse tempestivo".
Alla Consulta - ci ha spiegato Pellegrino - dopo la decisione della Cassazione non saranno esaminati i casi rinviati dal Tar Campania. Ma c'è un altro ricorso alla Corte Costituzionale che viene dalla Corte d'Appello di Bari, per un consigliere regionale che si è rivolto alla giustizia ordinaria. Questo ricorso sarà esaminato dalla Consulta.
E' a questo punto che il giurista si accalora, perché "il Pd è il partito che io voto, Renzi è il segretario che io voto". E dunque?
Dunque il Partito Democratico, che pure è il partito per cui parteggio, che sostengo, vota con apparente entusiasmo in Parlamento una legge che dice che se hai una condanna in primo grado non puoi esercitare le tue funzioni di presidente di Regione”.
De Luca sbaglia anche qui. La Legge Severino prevede che non si applichi in caso di reati bagatellari. De Luca è condannato per abuso d'ufficio, un tipico reato contro la Pubblica amministrazione per il quale la sospensione è prevista sempre. So che ha citato dei giuristi che glielo hanno detto, temo si siano sbagliati”.
Per Pellegrino l'unica soluzione "decente" che il governo avrebbe potuto prendere è quella di un decreto legge da fare prima del voto (ormai evidentemente troppo tardi) che prevede che in casi come questi si attribuiscano le funzioni vicarie al l'eletto anziano nella coalizione della maggioranza.
Ma torniamo al Pd votò con entusiasmo la legge Severino.
Già. Poi, qualche tempo, dopo lo stesso Partito Democratico sceglie di candidare un suo esponente che è nelle stesse condizioni per le quali quella legge prevede la non eleggibilità. E non solo: lo fa sperando che sia il giudice a togliergli le castagne dal fuoco".
Qui arriva quella che Pellegrino considera la ulteriore e più grave colpa del "suo partito": "da anni non facciamo che lamentarci per l'ingerenza della magistratura sulla politica, e poi sembra che tutti stiano solo attendendo e sperando che proprio la magistratura intervenga per sanzionare un atto che è l'atto supremo della politica, ovvero fare le leggi. La magistratura dovrebbe sanzionare quel che a grande maggioranza ha deciso il Parlamento".
Oggi, aggiunge Pellegrino "possiamo discutere all'infinito della legge Severino. Io continuo a ritenere non fondate le argomentazioni sulla cosiddetta 'retroattività' perché nell'ordinamento ci sono decine di norme 'retroattive', che entrano in vigore per atti passati: pensiamo a tutti i contratti, agli appalti. Ma non ho difficoltà a riconoscere che il dibattito esiste, in sede europea ci sono opinioni diverse e 'ci sta', come si dice, anche il ricorso alla Corte di Strasburgo. Il problema è che il Pd ha espulso dal Parlamento Silvio Berlusconi che contestava la legge Severino proprio sulla base del principio della retroattività. Se ne rende conto Renzi? Si rende conto che sta dicendo che l'estromissione di Berlusconi sarebbe stata incostituzionale?”.
Il giurista torna dunque al tema di cui si discute da almeno venti anni: il rapporto tra la democrazia e lo stato di diritto, tra la legge e la volontà popolare, tra i “giudici” e la “politica”. E invita il suo partito a parlare chiaramente: “Quello che non possiamo è dire che De Luca lo abbiamo candidato perché è il popolo che lo ha voluto. Non possiamo proprio dire che se De Luca vincesse le elezioni è il popolo che lo ha deciso e dunque va tutto bene. De Luca può anche essere eletto con un plebiscito, ma ripetere questo ritornello vuol dire ripetere esattamente quel che da anni urla Berlusconi. Dopo che lo abbiamo espulso dal Parlamento italiano”.



lunedì 25 maggio 2015

L'Italia, il rilancio della produzione di petrolio e le manifestazioni no-triv: intervista a Simona Vicari, Sottosegretario allo Sviluppo Economico

Pochi forse sanno che la Strategia energetica dell'Italia prevede un rilancio della produzione nazionale di idrocarburi. Nel senso che è vero che occorre andare avanti con le energie rinnovabili, ma nello stesso tempo l'Italia dovrebbe produrre un po' più di petrolio e gas.

A dirlo in maniera esplicita d'altra parte è stato qualche mese fa l'ex Ad di Eni, Paolo Scaroni parlando davanti alla Commissione Attività Produttive della Camera.

Ecco le sue parole: "L’Italia è un paese ricco di risorse petrolifere e di gas con una produzione nazionale che copre circa il 10 per cento del fabbisogno di idrocarburi. Se applicassimo le stesse norme e con la stessa celerità con la quale si applicano in Norvegia o in Inghilterra si potrebbe raddoppiare l’estrazione di idrocarburi passando a coprire il 20 per cento del nostro fabbisogno e generando circa 1,5 miliardi di euro di royalty in più per le casse del nostro Paese, creando inoltre alcune decine di migliaia di posti di lavoro".

Praticamente il contrario di quel che ha detto nei giorni scorsi il leader di Sel Vendola insieme a circa 60 mila persone - secondo gli organizzatori - che hanno partecipato ad un corteo "contro le trivelle per salvare l'Adriatico". Manifestazione contro la piattaforma "Ombrina", promossa dalla società per azioni Medoilgas Italia.
Per l'esattezza Vendola ha detto che quella era una "straordinaria mobilitazione" ovvero "l'occasione giusta per fermare la ricerca di un greggio che noi non desideriamo e che consideriamo una minaccia".
Una manifestazione non solo della "sinistra del nimby", però. Per esempio al corteo No Triv aderiva "convintamente" anche Forza Italia.

E' vero - lo dice anche il documento che illustra la SEN - che il petrolio sta perdendo "importanza relativa", ed è vero anche che le energie rinnovabili sono quelle dalle quali si attende la maggiore crescita. Ma - dice con qualche esitazione semantica il documento - il petrolio ci serve, ne abbiamo, e dunque è doveroso fare leva "anche" su queste risorse, pur facendo attenzione all'impatto ambientale.

Abbiamo allora chiesto a Simona Vicari, che è sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico da oltre due anni, prima con Zanonato, governo Letta, poi con Guidi, di parlarci del surreale dibattito aperto da tempo nel nostro Paese: da una parte comitati e partiti - praticamente tutti - che nelle loro propaggini locali o nazionali denunciano, anche con atti parlamentari. che con alcuni provvedimenti legislativi (come il cosiddetto Sblocca Italia) il nostro Paese sia ormai alla mercé dello sfruttamento selvaggio del territorio.
Dall'altra le aziende che lamentano al contrario il fatto che attività come la possibilità di fare progetti offshore sia praticamente vietata, al contrario di quel che succede in Norvegia o in Inghilterra.

Vicari: "Questo governo ha già messo in campo ogni sforzo teso a rilanciare il settore della produzione nazionale di idrocarburi in un'ottica di piena sostenibilità ambientale e sociale, implementando in tal modo i dettami della Strategia Energetica Nazionale". 
Vicari cita alcuni atti - dalla semplificazione delle procedure alla revisione della disciplina su garanzie e fidejussioni degli operatori,dall'introduzione del titolo concessorio unico ai benefici introdotti appunto nel cosiddetto Sblocca Italia per - dice - "accrescere l'accettabilità sociale di questa tipologia di interventi, da realizzarsi con le migliori tecnologie oggi a disposizione". 
Significativamente la Vicari mette infine l'accento su un punto. Dice che "la materia mineraria ed energetica è oggetto di focus specifico nel Disegno di legge costituzionale di modifica del titolo V della nostra Costituzione, auspicato da più parti per superare la paralisi autorizzativa e realizzativa delle opere strategiche nel nostro Paese". Ovvero: la competenza di questi temi torni presto allo Stato, per evitare che ogni Consiglio Regionale possa spostare altrove opere di qualsiasi tipo.

Questo mentre a poca distanza da noi le trivelle lavorano. Eni a inizio del 2015 si è aggiudicata una ulteriore licenza nell'Adriatico croato, per esempio.

Abbiamo chiesto alla Vicari se la stessa attenzione dedicata agli impianti italiani sia possibile per l'azione di altri Paesi, che pure sono a poca distanza da noi. Per esempio appunto la Croazia, che ad inizio 2015 ha assegnato una serie di concessioni petrolifere offshore in Adriatico a importanti multinazionali europee ed americane. I paesi dell'altra sponda dell'Adriatico e l'Italia dovrebbero cooperare nelle attività di esplorazione? Non c'è il rischio che il nostro Paese rimanga indietro, o al contrario debba fronteggiare problemi anche ambientali senza "beneficiare" delle attività industriali legate al petrolio e al gas?

Vicari: "Riguardo la Croazia, le nostre strutture hanno frequenti e costanti incontri con le autorità croate su famiglie tematiche diverse tra loro: valorizzazione congiunta di giacimenti marini a confine, allineamento sui temi legati alla sicurezza, anche ambientale, delle attività in mare, prospettive di cooperazione, interconnessioni energetiche.
Questo sforzo continuo va nel senso di una valorizzazione bilanciata tra entrambe le sponde delle ricchezze del sottosuolo, che massimizzi gli effetti positivi per le relative attività di sviluppo economico e che generi sinergie in caso di gestione comune di eventuali emergenze transfrontaliere (come richiesto dalla Direttiva 2013/30/UE).
Ciò è ancora più vero se si pensa che, con il TAP autorizzato oggi dal Ministro da un lato e con le varie interconnessioni elettriche dall'altro, l'Adriatico acquisterà sempre maggiore centralità nelle politiche regionali e continentali". 

Uno dei punti che comitati, ambientalisti e no-triv considerano cruciale è quello della tecnica del cosidetto air-gun. Vicari spiega:
"Il ricorso alla tecnica dell' "air gun" è di fondamentale importanza, allorquando si voglia provare a conoscere l'intima natura geologica e strutturale del sottofondo marino, a prescindere dalle finalità della ricerca, ossia per il rinvenimento di idrocarburi o per una conoscenza tout court del sottofondo stesso.
In sostanza, riuscire a studiare le modalità di propagazione di onde sonore nella porzione di interesse consente, attraverso elaborazioni, di ricostruire la geologia dell'area. Questo vale sempre, sia in terra che in mare. In mare, tuttavia, uno dei modi più semplici per generare un'onda sonora è quello di creare ed energizzare una bolla d'aria, la quale produce a sua volta le onde sonore richieste, utili allo studio.
È una tecnologia semplice e in Italia, esempio unico al mondo, persino le istanze di prospezione in mare sono soggette a Valutazione di Impatto Ambientale, nelle cui prescrizioni compaiono solitamente tutta una serie di adempimenti obbligatori in capo all'operatore per far sì che il ricorso alla tecnica dell' "air gun" avvenga in assenza di transito di banchi di pesci o in altre condizioni particolari". 

Durante il dibattito parlamentare sui cosiddetti "ecoreati" a un certo punto è stato anche prevista una pena per chi usa questa tecnica.

"Sì, i movimenti ambientalisti hanno esultato dinnanzi a improvvidi emendamenti, volti a penalizzare con la reclusione il ricorso a detta tecnologia, ma solo nel caso di finalità minerarie. Come a dire che eventuali danni alla fauna ittica sarebbero dipesi dalle motivazioni per le quali si sarebbe fatto ricorso all' "air gun"  e non dalla tecnologia stessa. Lo sforzo del Governo, della comunità scientifica e di buona parte del Parlamento hanno fortunatamente scongiurato l'adozione di una norma punitiva per alcuni utilizzatori dell' "air gun", facendo salva la possibilità di continuare la ricerca mineraria e le opportunità di sviluppo economico nel pieno rispetto dell’ambiente e della fauna marina". 

Pochi giorni fa il governo ha ratificato una Direttiva Europea sulla sicurezza delle operazioni offshore. La direttiva prevede anche una "partecipazione del pubblico" sulle operazioni esplorative. Come si tradurrà questa partecipazione?

"Tengo a precisare che in sede europea più volte è stato ribadito dalla Commissione UE che le norme sulla "partecipazione del pubblico" in questa direttiva erano rivolte a sanare alcune importanti lacune di certi Stati Membri, che non assoggettano a Valutazione di Impatto Ambientale i propri progetti esplorativi. Questa manchevolezza è foriera di una mancata partecipazione del pubblico, il quale non può così avere la possibilità di essere reso edotto sull'esistenza di talune ipotesi progettuali né di prendere parte al processo di valutazione, magari formulando osservazioni.
L'Italia, invece, applicando già da anni e nella maniera più conservativa la Valutazione di Impatto Ambientale alle fasi di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, è già ampiamente compliant in materia di partecipazione del pubblico ai sensi della Direttiva 2013/30/UE". 

Infine, sulla Strategia energetica nazionale varata nel 2013 dal nostro Paese, Vicari spiega che rispetto ad allora l'Ue ha varato il  Pacchetto Clima-Energia 2020-2030 "con obiettivi sulla quota di rinnovabili rispetto ai consumi finali lordi energia e nel settore trasporti, riduzione delle emissioni di CO2, riduzione dei consumi (efficienza energetica) e promozione di una capacità minima di interconnessione elettrica tra gli Stati Membri".
"Ciò detto, rispetto agli obettivi della SEN, molti dei quali con orizzonte al 2020, abbiamo sostanzialmente raggiunto con largo anticipo l’obiettivo al 2020 per le energie rinnovabili (al 2013 il 16,7% con un obiettivo nazionale del 17% al 2020), abbattuto le emissioni di CO2 del 16% rispetto ai livelli del 1990 e infine abbiamo registrato un trend di riduzione dei consumi energetici, che lascia intendere il conseguimento dell’obiettivo di efficienza energetica che ci siamo fissati con la strategia energetica nazionale al 2020. I grandi sacrifici economici che per questo sono stati richiesti in questi anni alle famiglie italiane, che pagano nella bolletta energetica gli incentivi alle rinnovabili, hanno dunque prodotto il raggiungimento degli obiettivi fissati. Rimarchevole, in questo senso, è la penetrazione delle rinnovabili nei consumi elettrici, dove i dati preliminari al 2014 attesterebbero un 38,5% di energia consumata prodotta da fonte rinnovabile. Pertanto, l'Italia prosegue spedita verso il superamento al 2020 degli obiettivi europei 20-20-20 e verso il raggiungimento di quelli al 2030, una volta che verranno declinati per ogni Stato Membro". 

L'ultima riflessione che abbiamo chiesto al Sottosegretario Vicari è dedicata alle condizioni della nostra economia. Il Ministero della Sviluppo continua a monitorare decine di tavoli di crisi che non danno l'impressione di un Paese sulla via della ripresa. Vicari però cita dati come "l'aumento dei consumi elettrici, dei prodotti petroliferi",  le "nuove assunzioni e le stabilizzazioni del precariato, frutto della nuova disciplina del Jobs Act", evoca i dati "sulle startup, fortemente supportate dal Ministero dello Sviluppo Economico" e gli investimenti dall'estero e dice che "uscire da una fase di crisi, a maggior ragione se lunga e profonda come questa, contempla un transitorio limitato nel tempo in cui alcuni indicatori sono ancora negativi. È comprensibile, quindi, che si possa essere disorientati nell'analizzare alcune voci e non altre". Ovviamente "perdurano purtroppo, situazioni di grande preoccupazione come quelle relative ai tavoli di crisi, dove però bisogna riconoscere che alcune situazioni particolarmente penose sono state risolte con successo e siamo fiduciosi che in un contesto di ripresa economica molte altre potranno essere avviate a soluzione positiva". 

venerdì 8 maggio 2015

Pensioni: l'avvocato che ha vinto alla Consulta dice che il governo rischia di porsi di nuovo in contrasto con la sentenza

Pare che Matteo Orfini abbia avuto modo di dire qualche tempo fa, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni, che nel governo Monti c'era un "discreto numero di pippe". 

L'intervista che segue è dunque innanzitutto dedicata a lui: gli consigliamo di indirizzarla ai ministri del suo governo e allo stesso Presidente del Consiglio; le ipotesi che si stanno facendo in queste ore per venire incontro a quella sentenza salvando nello stesso tempo vincoli europei, conti pubblici e pareggio di bilancio (e dunque prevedendo che il recupero della mancata perequazione sia al 100 per 100 solo fino a 1500 euro al mese, per poi scendere fino a 0 per le pensioni sopra i 3000 euro) fanno temere che il rischio di avere delle pippe ancora in circolazione sia piuttosto alto.  

Cominciamo: da quando è stata prima resa nota e poi pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale sulla questione della perequazione dei trattamenti pensionistici quasi nessuno ha ricordato l'origine della vicenda.
Nel novembre del 2013 il Tribunale di Palermo dichiarò non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale su quella norma, dando ragione ad una azione promossa da ManagerItalia e Federmanager e rinviando alla Corte Costituzionale la questione. 

A rappresentare queste associazioni, fino al giudizio espresso dalla Consulta, è stato l'avvocato Riccardo Troiano, dello studio Orrick Herrington e Sutcliffe, insieme alla sua collega Alessia Ciranna. 
Gli abbiamo chiesto se un eventuale intervento del governo che differenziasse il livello della perequazione tra i pensionati - mantenendo il blocco della perequazione o limitandolo per alcune categorie di pensionati -  si porrebbe in contrasto con la sentenza della Consulta. 

"Direi proprio di sì", risponde Troiano. "Si porrebbe in contrasto con i dettami della Costituzione e della Corte Costituzionale, in quanto reitererebbe quelle misure di congelamento della perequazione che erano stati già stigmatizzate in precedenza, anche per livelli molto più alti".

Troiano fa riferimento ad una precedente decisione della Consulta, che si era pronunciata nel 2010 sul blocco della perequazione nel 2008 che colpiva le pensioni per un ammontare pari a otto volte il minimo pensionistico. Insomma, parliamo di 4000 euro mensili lordi.

"La Corte si pronunciò su quella misura nel 2010 dichiarando costituzionale quella norma. Ma contestualmente avvertì che quel provvedimento - che pure toccava un solo anno e interveniva su trattamenti pensionistici ben più consistenti di quelli di cui si parla in questi giorni, dunque relativamente più impermeabili all'inflazione - non doveva essere ripetuta. La Consulta insomma aveva avvertito Parlamento e governo di non ripetere simili scelte”.

Se il governo Monti avesse meglio motivato la decisione e meglio individuato la platea dei trattamenti da colpire il giudizio della Consulta stavolta sarebbe stato diverso? 

"Penso proprio di no. Piuttosto vale la pena di ricordare il dibattito parlamentare che precedette il provvedimento di blocco che stiamo commentando e che viene ricordato proprio nella sentenza della Consulta di questi giorni: prima della formulazione che poi divenne legge il governo aveva proposto una misura ancor più severa, colpendo le pensioni pari a due volte il minimo. Poi - grazie al dibattito parlamentare - il livello da cui partire si innalzò a tre volte il minimo. Ricordo che ci fu, dopo il dibattito, anche una interrogazione parlamentare in cui si ricordava proprio quella sentenza del 2010, in cui si invitava il governo a considerare il rischio di una bocciatura da parte della Corte Costituzionale, alla quale il governo non ritenne neppure di rispondere. Era stato avvertito, ma non ritenne di fare nulla, e la bocciatura è puntualmente arrivata". 

E dunque, per tornare alle decisioni del governo, è possibile differenziare il livello di recupero della mancata perequazione? 

"La sentenza fa salvi tutti - non qualcuno più e qualcuno meno - ma tutti i trattamenti pensionistici superiori a tre volte il minimo", risponde Troiano. 
"Chi oggi è chiamato ad adottare misure di contenimento dovrà farlo tenendo ben presente il quadro costituzionale nel quale si va ad intervenire, cercando di non commettere gli stessi errori commessi nel recente passato, errori che poi ricadrebbero sugli anni futuri".