domenica 15 maggio 2016

Carofiglio, gli indifferenti e la sinistra

Oggi il quotidiano britannico The Guardian pubblica un intervento di Gianrico Carofiglio nell'ambito di un ciclo di riflessioni titolate "Voci d'Europa" e dedicato appunto all'Europa. Carofiglio, da scrittore, gioca sulle parole "differenza-indifferenza" e cita all'inizio del suo articolo la vicenda di Giulio Regeni, ricordando quella bella definizione - "giovane contemporaneo" - che la madre ha usato per descriverlo. Lo studente che ha girato l'Europa, ha imparato le lingue, ha cercato di studiare conoscendo altre culture e altri popoli, nell'Europa unita e differente. 
Poi, per parlare di quanto sia pericolosa l'indifferenza, Carofiglio passa a citare un brano di Antonio Gramsci che viene usato ormai come vengono usate le frasi dei baci perugina. Si chiama "odio gli indifferenti" e certamente molti lo avranno letto su un muro o su un volantino, se i volantini esistono ancora. Io ce l'avevo attaccato nella sede del collettivo di sinistra che frequentavo negli anni '80. Sennò lo avrete sicuramente letto su Facebook, sotto qualche gattino.
Carofiglio spiega che il pezzo viene da una rivista che si chiama La città futura e che Gramsci giovane socialista compose quasi da solo nel febbraio del 1917. La guerra stava per finire, il futuro leader politico individuava uno strumento di formazione dei giovani, uno strumento di propaganda.
Internet consente anche di leggere integralmente quel numero (La città futura uscì solo in quel numero). Se perderete qualche minuto di tempo leggerete un testo utile anche a comprendere cosa pensava il giovane socialista Gramsci. Scoprirete che invitava ad iscriversi al "Fascio socialista giovanile" più vicino a casa, perché i fasci non erano ancora i "fasci". Ma sopratutto leggerete - perché praticamente tutto quel numero fu scritto da Gramsci, che non era proprio un ragazzino, aveva 26 anni - le parole di un socialista ancora idealista. Il brano contro gli indifferenti reca un tributo a Federico Hebbel, ovvero un romantico tedesco con una visione non particolarmente allegra della vita che peraltro terminò la sua vita a destra, diremmo oggi. Leggerete un giudizio su Croce come "il più grande pensatore d'Europa in questo momento". Insomma: lo stesso Gramsci, anni dopo, dirà che quando scrisse La città futura era ancora decisamente un idealista crociano più che il capo politico che sarebbe diventato qualche anno dopo, quando fondò il Partito Comunista. Era ancora politicamente acerbo, si può dire? 
La mia opinione insomma è che quel brano è uguale a decine di altre riflessioni sul valore e l'importanza di prendere parte contro chi non prende parte. Ma non c'è bisogno di un pensierino di Gramsci: prima di lui ci sono stati Leopardi, Manzoni, Dante che hanno scritto cose anche molto più efficaci, più cattive e più divertenti di quelle due paginette, molto più belle, molto meno vaghe. E anche dopo. Gramsci ha scritto tante cose migliori, più interessanti. Uno scrittore come Carofiglio lo saprà di sicuro. E comunque anche sul concetto che uno che si impegna in una parte, in qualsiasi parte, è migliore di uno che non si impegna ci sarebbero tante cose da dire. Comunque si può anche capire che un giovane militante lo scriva, per convincere i giovani ad iscriversi, come un giovane capo scrive un volantino. Ma insomma, non era davvero niente di rivoluzionario. Erano cose già parecchio vecchie nel 1917, e oggi suonano decisamente stantie.