martedì 16 giugno 2015

A proposito di "vergogna senza precedenti".

Ieri, solo ieri e solo nelle prime ore del mattino in Friuli Venezia Giulia sono stati fermati 57 immigrati clandestini. Erano afghani e pakistani. Il gruppo più numeroso - 32 persone - era nascosto in un furgone intercettato dalla polizia di frontiera a Tarvisio. Lo guidava un cittadino rumeno che è stato arrestato con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La notizia è dal Piccolo di Trieste.

Sempre ieri la stampa di Udine dava notizia dell'arresto di due ucraini, pure a Tarvisio. Avevano organizzato il viaggio di un afghano che li aveva contattati tramite un sito web austriaco.
Qualche giorno fa un bel servizio di Channel 4 aveva raccontato il traffico di immigrati dalla Macedonia. Anche lì - un po' come nei capannoni libici in attesa del viaggio - maltrattamenti, alto costo del viaggio e una sorta di detenzione. E' intervenuta la polizia e ha scoperto centinaia di persone.

Problemi ne hanno parecchi pure a Parigi, un po' come a Milano o Roma.

Per dire che quello che succede a Ventimiglia non è una "vergogna senza precedenti", come scrivono su Twitter gli indignati di queste ore. E' quello che succede ogni giorno dell'anno. Solo che a Ventimiglia ci sono le telecamere.

Per punti vale la pena di ricordare che:

1) Quelli che stanno a Ventimiglia o alla stazione Tiburtina di Roma o alla stazione Centrale di Milano sono illegalmente in Italia. Inutile fare i vaghi. Giustamente, perché è giusto, le forze dell'ordine stanno agendo "all'italiana", nel senso che evitano di identificare i migranti che non hanno voluto essere identificati fino ad oggi. Loro vogliono andare altrove, e se li identificassero in Italia non potrebbero che rimanere in Italia, e sperare nell'asilo. Ma loro non ci vogliono stare, in Italia. Fa bene la polizia, meno male che fa così. Non è che però una cosa così la puoi vendere agli altri Paesi come "noi da soli stiamo fronteggiando". Noi da soli stiamo gioendo perché per fortuna loro vogliono andare in Svezia.

2) Dire "hanno un biglietto in tasca", come ha fatto Renzi, è una fesseria. Non possono andare altrove. Sono clandestini, non potevano proprio entrare in Italia, non possono passare ad altri Paesi. E non è che i controlli a Ventimiglia sono un accanimento. Come è ovvio li fanno anche a Tarvisio, e sono gli italiani, mica gli austriaci. Anche perché se passa un terrorista dell'Isis con dieci chili di tritolo poi chi lo sente il pubblico indignato?
I migranti ci sono e ci saranno, ha fatto benissimo l'Italia ad andarli a prendere in mare, fa benissimo ad evitare di identificarli, fa benissimo ad accoglierli, perché questo è quello che fa uno Stato civile. Ma non c'è alcun "diritto", alcuna trattativa che si possa aprire con altri Stati, tipo "io li ho qui ma non vogliono stare da me, prendili tu". Gli altri Paesi, in modo probabilmente altrettanto pragmatico ma senza bisogno di fare chiacchiere, poco a poco faranno entrare quelli che aspettano di entrare. Respingeranno qualcuno, accoglieranno qualcun altro, eccetera. Il fatto è che non ci sono trattati, convenzioni, accordi che si possano fare su una cosa così. Perché è tutta sbagliata. C'è bisogno del buon senso e quello in media più o meno fa sì che i migranti continuino ad organizzarsi per partire, perché una settimana alla stazione Tiburtina non è niente in confronto a quel che hanno passato finora.

3) L'Italia farebbe bene a dotarsi di strumenti migliori per l'accoglienza e i richiedenti asilo. Ed evitare di urlare "ci stanno lasciando soli". L'anno scorso, dati di Amnesty, tre milioni di siriani costretti a scappare dal loro Paese hanno trovato accoglienza in Libano e Turchia. Avete presente quanto è grande il Libano? Anche da loro ci saranno problemi di razzismo, di convivenza, di soldi che non ci sono. Probabilmente molto di più che nella ricca Europa. Un po' di senso del limite dei nostri governi europei aiuterebbe, a proposito di "vergogna senza precedenti".


venerdì 12 giugno 2015

Ancora niente giudici costituzionali. Il Parlamento "gioca un ruolo molto ridotto. A suo danno", dice Sabino Cassese

Anche ieri è andato a vuoto il tentativo del Parlamento di eleggere due giudici costituzionali. Come ogni tanto ci viene ricordato, la Corte Costituzionale non è al completo. Dovrebbero essere eletti due dei giudici indicati dal Parlamento ma anche stavolta dai vertici Pd, Area Popolare e Forza Italia è venuta l'indicazione di votare scheda bianca. Evidentemente non c'è ancora un accordo su chi dovrà essere. 

"Anche in passato si sono verificate attese lunghe per le decisioni parlamentari. La Costituzione non prevede sanzioni. Si potrebbe dire “imputet sibi”, perché così il Parlamento gioca un ruolo ridotto, a suo danno". 

A parlare è Sabino Cassese, autorevolissimo giurista che è stato giudice costituzionale. E soprattutto è stato l'unico finora a scrivere una sorta di "diario" dei suoi anni da giudice costituzionale. Il libro si chiama "Dentro la Corte" ed è tutto da leggere. 
Un diario in cui - senza fare nomi - ha raccontato il funzionamento di questo organismo, aiutando forse ad allontanarlo da una considerazione sacrale (nel migliore dei casi) o semplicemente anzianotta e piena di ragnatele. E certamente bisognosa di qualche riforma. 

Penso che ognuno dei corpi amministrativi e giurisdizionali dovrebbe periodicamente sottoporre a verifica le pratiche  e le consuetudini che si creano al proprio interno, per verificarne la portata, la perdurante utilità, i costi. E questo vale anche per quella da lei citata, ci dice Cassese.

Gli avevamo chiesto della consuetudine ad eleggere sempre come presidente il giudice più anziano.

("Imputet sibi", siamo andati a vedere su google, vuol dire in pratica che il Parlamento se la può prendere solo con se stesso)

Abbiamo chiesto a Cassese una intervista perché quando la Corte decise sulla rivalutazione delle pensioni lui scrisse sul Corriere che si era comportata come "Giove pluvio" non valutando affatto l'impatto finanziario delle sue decisioni, come invece aveva fatto "come si evince dalla motivazione, con la sentenza n. 10 dello stesso anno", spiega. 

Due parlamentari del Pd (Lanzillotta e Guerrieri) hanno di recente annunciato di aver presentato un ddl in cui si prevede che quando l'intervento della Corte possa implicare maggiori oneri o minori entrate la Corte stessa possa chiedere "all'ufficio parlamentare di bilancio una relazione sugli effetti finanziari della eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale".
A suo giudizio è necessaria una apposita norma o basterebbe riprendere quella abitudine di un "passato abbastanza lontano"?.

Una apposita norma non è necessaria (e ciò dimostra il carattere non dirompente della proposta parlamentare), ma se la Corte dimentica di farlo, è bene che, nell’ambito della collaborazione tra organi costituzionali, il parlamento lo ricordi alla Corte. 

Il ddl Guerrieri Lanzillotta prevede anche la dissenting opinion. E' d'accordo? Non è vero tuttavia che la pubblicità del dibattito e delle opinioni dissenzienti rischia di minare l'autorevolezza del diritto, che è "uno solo"?

Sono tra i sostenitori della introduzione della “dissenting opinion” nel sistema giudiziario italiano. Questo aveva tale istituto prima delle invasioni napoleoniche. Penso che la scienza giuridica e l’opinione colta abbiano ormai capito che il diritto non è quello consacrato nelle tavole legislative, ma quello interpretato e applicato. Le tavole fissano criteri e guidano, amministratori e giudici, ma anche la collettività, fanno vivere il diritto.


La Corte Costituzionale a volte decide in modo diverso. Lei sottolineò la differenza di decisioni presa sulla cosiddetta legge Porcellum e sul referendum abrogativo della stessa Porcellum. Come  è possibile, a distanza di così poco tempo, una decisione apparentemente opposta all'altra? Quali sono i criteri con cui la Corte costituzionale prende le sue decisioni?

La decisione sulla legge elettorale motivava affermando che sarebbero bastati interventi normativi secondari per assicurare al paese una legge elettorale funzionante, dopo l’intervento demolitorio della Corte. Una maggiore attenzione dell’opinione pubblica per gli orientamenti (non le singole sentenze, ma gli indirizzi giurisprudenziali) della Corte servirebbe anche a migliorare gli indirizzi interpretativi della Corte stessa. 


In altri Paesi la considerazione della Corte suprema è ben diversa. In Germania per esempio, dove la Corte costituzionale continua ad occuparsi di questioni europee, i cittadini tedeschi si fidano molto più della Corte che - per esempio - del Parlamento o del governo. Perché?

Qui entrano in ballo molti elementi tipici della cultura tedesca, quello nazionalistico, l’apprezzamento per gli organismi tecnici, il rispetto per il diritto e i  giuristi, ecc. Ricordo che la democrazia non si esaurisce in elezioni. Ne fanno parte anche il gioco di poteri contrapposti, l’indipendenza di alcuni poteri, l’articolazione procedimentale delle decisioni, persino l’esclusione di alcune materie dalla decisione popolare (pensi alla norma costituzionale italiana che sottrae alcune materie, come l’autorizzazione alla ratifica di trattati internazionali, al referendum: ciò vuol dire che questa è lasciata alla classe dirigente). E la sovranità popolare ha a sua volta limiti in quelle forme e in quei limiti. Per esempio, non può intaccare l’indipendenza del giudizio delle corti.


Dal 2013 intanto anche la Banca centrale europea pubblica i verbali delle riunioni del consiglio direttivo. La pubblicità dei lavori di organismi spesso criticati perché "non eletti" serve a renderli meno lontani? Dovrebbe farlo anche la Corte costituzionale italiana? 

Il Conseil Constitutionnel francese pubblica dopo 25 anni in volume i resoconti delle discussioni  svoltesi in Camera di consiglio. Non credo che si debba arrivare fin qui. Ma forse si potrebbero tenere  verbali, conservarli e farli diventare pubblici dopo 50 anni.

Secondo lei il candidato De Luca ha fatto bene a candidarsi sapendo che avrebbe dovuto essere sospeso dalla sua carica appena insediatosi? 

Vi sono opinioni divergenti sulla opportunità  e sono sicuro che il candidato le ha valutate.

In un saggio di qualche anno fa di Michael Rosenfeld sull'International Journal of costitutional law si leggeva che il rapporto tra moneta e costituzioni è delicato  e rischia di andare in crisi se si maneggia male (mishandled).Che rapporto deve esserci tra moneta e costituzione? In Europa il problema è che una moneta unica non è accompagnata da un unico sistema fiscale e da una "costituzione europea"?

L’Unione europea è un gigante regolatorio, ma è un nano dal punto di vista della spesa e del bilancio. Con il tempo, bisogna ridurre questa asimmetria. La Commissione europea si sta muovendo in tal senso. 

giovedì 11 giugno 2015

I diecimila morti da suicidio per la crisi in Grecia ("fai migliaia", cit)

Da stamattina, quando l'ho letto sul sito del Corriere, non riesco a levarmi dalla testa quel numero: "Il conto della disperazione", ovvero i "diecimila suicidi in cinque anni" che ci sarebbero stati in Grecia.

Come per gli imprenditori che all'improvviso pare si suicidassero come mosche, come per il femminicidio, ho subito avuto l'impressione di numeri messi lì a caso, tutti da verificare.
In questo caso il titolo era tra virgolette. Ma sono parole di un medico, anzi del direttore di un ospedale, e uno si dice "lui lo saprà".

Il fatto è che di questi diecimila non si trova traccia. Il medico - per dare maggior peso retorico al suo urlo - tira in ballo pure la guerra nei Balcani.
Ma gli unici dati che ho trovato sono questi: uno studio sulla correlazione tra la crisi e il tasso di suicidi che sale in Grecia.

E poi i numeri assoluti citati da un rapporto Ocse del 2014 che dicono che in Grecia "the absolute number of deaths due to suicides increased substantially in recent years, from 328 in 2007 to 477 in 2011 and 508 in 2012 (Hellenic Statistical Authority, 2014). This amounts to an increase of over 50% during this five-year period. Nonetheless, the suicide rate in Greece remains relatively low compared with other countries, although this can be explained at least partly by under-reporting",

Anche ad immaginare una strage a colpi di 20 suicidi al giorno tra il 2013 e il 2014 a diecimila non ci si arriva.
Infine: il tasso di suicidi in Belgio era nel 2012 18 e qualcosa ogni centomila abitanti. In Grecia nello stesso anno era 4 e qualcosa.
Per fortuna. Poi dice "fai migliaia" (Luca Sofri)