domenica 24 gennaio 2016

L'uomo in mutande è stato licenziato. Piccola riflessione su diritto e giornalismo

Alla fine Alberto Muraglia è stato licenziato. Il nome non vi dice niente? Beh, se provate a digitare Sanremo e cartellino su Google vengono fuori oltre 200 mila occorrenze e quasi sempre l'immagine che correda l'articolo è una: quella di un signore in mutande che timbra il cartellino. Muraglia è lui, diventato il simbolo della battaglia contro i “furbetti del cartellino” tanto da far dire a Renzi che “quando vedi quello che timbra in mutande non è un optional il licenziamento”. In un Paese in cui in ogni momento si parla di privacy, in cui ad ogni pubblicazione di intercettazioni si aprono dibattiti che durano settimane, il fatto che delle immagini di una indagine giudiziaria siano finite sui giornali e continuino fino ad oggi a corredare le notizie non fa scandalizzare nessuno.
I colleghi giornalisti, magari anche per pigrizia, arricchiscono il titolo con l'immagine azzeccata e i fatti passano in secondo piano.
L'uomo in mutande faceva di mestiere il vigile urbano a San Remo. Il suo contratto di lavoro prevedeva anche un elemento accessorio: custode del palazzo annonario; in quanto custode vive in un appartamento nello stesso palazzo. Come è facile vedere dalle foto che tutti conosciamo, timbrava il cartellino in mutande qualche minuto prima delle sei del mattino. In un caso lo si vede anche al telefono. A chi stava telefonando? 
Come ci spiega l'avvocato Luigi Alberto Zoboli, che lo ha difeso nel procedimento disciplinare del Comune di San Remo, telefonava al carro attrezzi per far rimuovere un'auto. Intorno al palazzo annonario – dove c'è un mercato interno - c'è infatti anche un mercato esterno aperto alcuni giorni della settimana, e uno dei compiti di Muraglia era quello di consentire il suo regolare svolgimento. Per questo telefonava al carro attrezzi.
Muraglia è sospeso dalle funzioni e dallo stipendio da quando è iniziata l'inchiesta. Fino a poco tempo fa era anche agli arresti domiciliari.
Ora la Commissione disciplinare ha deciso di licenziarlo. Zoboli, che due giorni fa aveva depositato una ampia memoria per giustificare e spiegare i comportamenti contestati, lo aveva previsto. Interpellato al telefono spiegava che “al 99,9 per cento crediamo di aver fornito spiegazioni sufficienti”. In ogni caso, aggiungeva, “Muraglia non è un assenteista”, forse tre volte moglie o figli hanno timbrato il cartellino per lui ma lui comunque stava lavorando e dunque non ha “attestato falsamente la sua presenza in servizio”, ovvero non ha fatto quello per cui si dovrebbero licenziare i “furbetti”.
Ma quando abbiamo chiesto a Zoboli una previsione sull'esito ha risposto: “Non ci sono gli estremi per licenziarlo ma potrebbero licenziarlo” per lo stesso motivo per cui “il codice penale punisce l'omicidio ma qualcuno uccide lo stesso”. Perché Muraglia è un simbolo; come fa il Segretario generale del Comune di San Remo a non licenziarlo?
“Se gli va bene rischia da 11 giorni a sei mesi di sospensione senza stipendio. Se gli va male perde pure l'alloggio, accessorio al suo incarico di custode”, aveva detto Zoboli. Gli è andata malissimo. 
Tra l'altro a Muraglia nel frattempo è arrivata addosso anche una inchiesta bis: è accusato di aver fatto multe e disposto rimozioni fuori dal suo orario di servizio. Nessuno ha notato che contrasterebbe con le ragioni della prima inchiesta, secondo cui era un furbetto del cartellino. Insomma: è stato troppo zelante o assenteista? Secondo l'accusa avrebbe fatto multe e disposto rimozioni per favorire il figlio, che lavorava per conto di una azienda che rimuoveva le automobili. Solo che – ci spiega l'avvocato – il figlio ci lavorava tre anni prima.

Diranno che l'hanno licenziato perché era in mutande. "A parte che nessuna norma lo vieta", segnala l'avvocato, il fatto che fosse in mutande lede la reputazione dell'Italia, del Comune, delle istituzioni? Il palazzo alle sei del mattino è chiuso. La macchina per timbrare il cartellino è a tre passi dall'abitazione di Muraglia. 
Lo hanno visto solo alcune centinaia di migliaia di lettori di giornali e di siti internet in tutto il mondo, Renzi compreso. 
Il danno lo ha fatto chi ha distribuito le foto, e forse anche chi le ha pubblicate. Licenziamo loro? Non sia mai; diranno che era di superiore interesse pubblico mostrare il furbetto in mutande.