lunedì 29 settembre 2014

Cofferati e l'articolo 18

Cofferati ha appena pubblicato una riflessione in cui pretende di spiegare perché sarebbe in corso un "assalto all'articolo 18". Per farlo cita un intervento parlamentare di Ugo Spagnoli del 1966. Quell'intervento, dice Cofferati, era alla fine del dibattito sulla introduzione nell'ordinamento italiano della "giusta causa" per poter licenziare.
Il fatto è che quel dibattito e la norma che ne nacque non c'entrano nulla con l'articolo 18. Che è di 4 anni dopo, e che regolò la giusta causa. E' dunque collegato a quel dibattito, ma non c'entra con il tema in questione: se un licenziamento è illegittimo, cosa può ottenere un lavoratore? Secondo lo Statuto dei lavoratori, quando un licenziamento è giudicato illegittimo da un giudice, che valuta se ci sia o no la giusta causa, il giudice dispone il reintegro. Ma vale solo per le aziende con più di 15 dipendenti.
Sotto, la dignità del lavoratore non è un criterio, evidentemente.
Qualche anno fa si fece un referendum per estendere l'articolo 18 alle imprese con meno di 15 dipendenti. Cofferati non andò a votare,

mercoledì 3 settembre 2014

Ntv-Trenitalia, ovvero il mito della concorrenza

Qualche tempo fa viaggiavo su un treno Italo e il treno si fermò pochi chilometri dopo esser partito, da Roma Tiburtina.
Dopo qualche decina di minuti - train managers indaffarati avanti e indietro senza capire quel che succedeva (pare che non si chiudessero le porte, problema non infrequente su questi treni superveloci) - il treno è tornato indietro, si è fermato alla stazione da cui eravamo partiti, ci hanno fatto scendere, e ci hanno detto che ci avrebbero fatto salire sul successivo Italo (un'ora dopo).

Saliti sull'altro Italo - eravamo diretti a Bologna - e passato qualche minuto, dall'altoparlante è arrivato l'annuncio che questo treno era in ritardo. Abbiamo offerto sguardi rammaricati ai viaggiatori seduti, perché era colpa nostra - o meglio del nostro treno.

Ma l'annuncio aggiungeva: "il treno è in ritardo per ritardo di un treno altra compagnia ferroviaria". Un infido Frecciarossa aveva causato il ritardo, sembrava dire l'annuncio.

Non era vero, ovviamente, e ci siamo fatti una risata, viaggiatori e giovani stagisti trainmanager compresi, già abituati a rimproverare la scorrettezza di Fs, perché sulle banchine di Italo non c'è neppure un cestino e pare che ci mandino i barboni a fare pipì apposta per danneggiare la concorrenza.

Per dire del mito.

Ora, Ntv pubblica una pagina sui principali quotidiani, spendendo presumibilmente un po' di soldi, per elencare in modo assai vago le sue ragioni. L'unica cosa certa è l'aumento delle tariffe elettriche. Che però varranno dall'anno prossimo, e dunque non spiegano i conti non proprio brillanti della compagnia di trasporto. Poi c'è il "pedaggio" che Ntv paga a Fs, o meglio a RFI, per l'utilizzo della rete. Un pedaggio molto alto - dicono a Ntv - che però è stato ridotto del 15 per cento a fine 2013.

Quando nacque, Ntv annunciò per il 2014 il break even. A inizio 2014 dovette annunciare che slittava al 2016.

L'impressione è che fare trasporti senza sussidi pubblici non funzioni, ovvero non renda.

Lo dimostra paradossalmente proprio Trenitalia, che campa con i sussidi. Sussidi che non riguardano solo i "treni regionali", come spesso l'ex Ad Moretti strillava. Che, anzi, riguardano soprattutto l'Alta velocità. A partire dalle tariffe generose concesse fino ad oggi per l'elettricità, che per questo il governo ha aumentato.


I conti di Trenitalia sono complicati da seguire, ma chi si occupa di economia dei trasporti lo ha fatto spesso, per esempio sul sito de LaVoce info. E i conti sembrano provare quel che si sospetta: senza investimento iniziale (non bisogna dimenticare che la rete ad alta velocità è stata fatta tutta dallo Stato, non da cavalieri del libero mercato) e senza sussidi l'Alta velocità - semplicemente - non rende.
A meno di non far pagare agli utenti un po' di più, e di tagliare dipendenti.

Ma funzionerebbe altrettanto la retorica di "non toccateci Italo?".