martedì 17 ottobre 2017

Il Pd, Visco, le banche, la Borsa

Nel gennaio 2016 Matteo Renzi, da segretario del Partito Democratico e presidente del Consiglio, disse che Monte dei Paschi di Siena era ormai una "banca risanata" e che investire sarebbe stato un affare.
Con la leggerezza che lo contraddistingue, aggiungeva anche che era un "bel brand". In rete ovviamente si trovano centinaia di commenti, scritti nel corso dei mesi, perché chi avesse dato retta a Renzi oggi avrebbe perso parecchio. Basta dare un'occhiata al grafico. Il titolo tra l'altro è sospeso dal dicembre scorso.


Questo non per dire che il Pd è responsabile di quel che è accaduto a banche come le venete o le casse come Etruria. Ma per dire che Renzi di economia sa davvero poco e non dovrebbe parlarne.

E' vero che su quel che è accaduto alle banche non c'entra niente, il Pd. E anzi il tentativo che in qualche modo il governo Renzi ha fatto, a dire il vero, è stato quello di superare un sistema un po' troppo provinciale, con banchette di provincia che per forza di cose prestavano denaro agli imprenditori della provincia, che avessero o no le garanzie necessarie. Le banche vicine al territorio e gli imprenditori troppo abituati a finanziarsi con le banche e poco con altri mezzi sono un problema del nostro capitalismo da sempre, e non c'entra certo il Pd, non più di tutti noialtri.

Il fatto è che il partito di Renzi non ha al suo interno personalità che si siano mai segnalate per acume e profondità nelle analisi dell'economia. Forse anche, purtroppo, perché lontani dai poteri che contano e abituati al massimo a incontrare consiglieri di amministrazione di banchette, appunto. Il fatto però è che il Pd ha scritto una mozione in cui chiede una qualche "discontinuità" nella governance di Bankitalia, come se lì ci fosse stata qualche sottovalutazione dei problemi delle banche e dei loro collassi. Come se i firmatari della mozione invece sì che avrebbero fatto meglio.

Provo a spiegarlo allargando il discorso. Renzi forse non sa che da un decennio - basterebbe leggere le considerazioni finali dei governatori - da Bankitalia si ripetono poche cose abbastanza facili da comprendere.

Per riassumerle incollerò qui un passaggio di una lectio magistralis di Salvatore Rossi, tenuta pochi giorni fa. Rossi della Banca d'Italia è direttore generale. Sono cose che sa chiunque abbia seguito un po' di economia italiana, anche per pochi mesi. E sono cose che da via Nazionale, lo scrivo di nuovo, ripetono da lustri.

"Il nostro sistema rimane troppo basato sul debito finanziario e troppo poco sul capitale di rischio; le banche continuano a giocarvi un ruolo eccessivo, che si ritorce loro contro, rendendole più vulnerabili nelle fasi negative del ciclo economico. Le nostre imprese ricorrono al capitale di rischio solo per il 46 per cento del loro passivo totale, contro il 53 della media dell’area dell’euro. Il credito bancario rappresenta oltre il 60 per cento dei debiti finanziari delle imprese, mentre nella media dell’area dell’euro esso non supera il 40 per cento e negli Stati Uniti e nel Regno Unito un terzo". 
"Le cose si fanno ulteriormente problematiche quando un sistema finanziario basato sulle banche si sviluppa in presenza di pratiche contabili poco trasparenti e di un sistema giudiziario sbilanciato a favore della tutela dei debitori ma inefficiente nel cogliere questo suo stesso obiettivo, ad esempio a causa della lunghezza dei processi. In una tale situazione si afferma e si consolida un sistema di relazioni strette banca-affidato atto a finanziare essenzialmente investimenti tradizionali, quindi visibilmente meno rischiosi, in attività fortemente “tangibili” (capannoni e macchine piuttosto che conoscenza e tecnologia). Alla luce delle considerazioni svolte nel paragrafo precedente, uno stimolo forte verso un ritmo di crescita dell’economia più alto e duraturo può venire da una trasformazione più decisa del nostro sistema finanziario, con più mercato e più soggetti finanziari istituzionali diversi dalle banche. Queste ultime possono solo giovarsi di un ridimensionamento e di un cambiamento del loro ruolo: è solo dimagrendo e cambiando in parte missione che molte banche italiane  possono innalzare la propria redditività, la cui esiguità media è in questa fase forse il loro principale problema. Occorre che in Italia i termini “sistema finanziario” e “sistema bancario” non siano più sinonimi". 
"L’intermediazione bancaria gioca un ruolo fondamentale nel processo di allocazione delle risorse di un’economia, ciò è innegabile. Ma dobbiamo tenere conto di due lezioni offerteci dalla storia. La prima è che l’intermediazione bancaria è un gioco che può diventare rischioso, a prescindere dalle buone intenzioni dei giocatori e dalla perizia dell’arbitro. Le crisi finanziarie divengono davvero nefaste per l'economia quando, indipendentemente dal punto d'origine, coinvolgono direttamente il settore bancario. La leva finanziaria degli intermediari crea inevitabilmente un potente meccanismo di amplificazione degli shock economici. La seconda lezione è che una coesistenza equilibrata di mercati e intermediari rende più stabile il flusso di credito per l’economia reale. Nei paesi con mercati obbligazionari sviluppati, come gli Stati Uniti, il deleveraging bancario generato dalla crisi del 2008-9 è stato in parte compensato da un maggior ricorso delle imprese al mercato. In Italia, la riduzione del credito concesso dalle banche negli anni 2012-2014 è stata causata dalla recessione e poi dalla crisi europea dei debiti sovrani, quest’ultima avendo drasticamente ridotto il funding interbancario e a sua volta approfondito e prolungato la recessione; la compensazione con emissioni obbligazionarie non è avvenuta se non in forma molto più tenue ed è stata limitata alle aziende medio-grandi; l’uscita dalla recessione ne è stata rallentata". 

Il problema è tutto qui. Non è un problema di banchieri avidi che vendevano titoli tossici a pensionati toscani o veneti. Il problema è in queste parole, semplici semplici. 

Quanto alle vicende specifiche, ricordo anche che sulla vicenda di Etruria e delle altre banche fallite con i loro risparmiatori Bankitalia, fatto piuttosto inedito, fece addirittura un "domande e risposte", spiegando cosa ha fatto, cosa poteva fare e cosa non poteva fare. E' utilissimo rileggerlo, magari alla luce dei lavori della Commissione parlamentare di inchiesta che sta lavorando sull'argomento. 

E' utile anche sapere che la Banca d'Italia, e pure questo è piuttosto inedito visto il ruolo e il riserbo della istituzione, ha pure creato una rubrica nel suo spazio media che si chiama "E' vero che". Consiglio a tutti, compresi i deputati Pd firmatari della mozione, di andare a leggerlo. Si imparano altre cose. 

Infine, segnalo una interessante intervista che il governatore Ignazio Visco ha concesso pochi giorni fa al Wall Street Journal. Parla di Bce, del Quantitative easing e anche di Italia. Spiega per esempio che da noi che il debito privato è molto inferiore ad altri Paesi europei. 
A un certo punto afferma anche che sulla crisi delle banche - come le venete - Bankitalia sostiene il governo attraverso i suoi consigli. 

Vediamo se il governo mostrerà di aver apprezzato i consigli e sosterrà il Governatore. 


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