Nei giorni scorsi la Camera ha approvato la legge annuale sulla
concorrenza. Tra gli articoli, uno riguarda gli alberghi e i loro
rapporti contrattuali con le piattaforme di prenotazioni online, come
Booking.com. Aggiunto al disegno di legge con un emendamento promosso
da Tiziano Arlotti, un deputato Pd nato a Rimini ed eletto in Emilia
Romagna, dichiara "nullo ogni patto con il quale l’impresa
turistico-ricettiva si obbliga a non praticare alla clientela finale,
con qualsiasi modalità e qualsiasi strumento, prezzi, termini e ogni
altra condizione che siano migliorativi rispetto a quelli praticati
dalla stessa impresa per il tramite di soggetti terzi,
indipendentemente dalla legge regolatrice del contratto". È la
cancellazione del cosidetto parity rate, il vincolo che il portale di
prenotazioni online chiede all'albergo: vendo le tue stanze se mi
prometti di non venderle a prezzi inferiori.
A votare questa norma una ampia
maggioranza traversale che comprende Pd, Scelta Civica, Sel, Forza
Italia, Al.
Alessandro Nucara, direttore generale
di Federalberghi, che raggruppa oltre 27mila dei 34 alberghi
italiani, esulta: "C'è più libertà. Piu libertà per le
imprese, che potranno fare il prezzo che riterranno opportuno, per i
consumatori, che potranno scegliere e anche per i portali, che
potranno liberarsi di questa rendita di posizione di cui hanno
usufruito. Dovranno metterci un po' di pepe in più, e quando succede
siamo tutti più bravi. La concorrenza fa bene a tutti".
Insomma, secondo Nucara la norma,
quando sarà approvata definitivamente (deve passare al Senato),
porterà ad un "mercato più efficiente". Se un albergo
vende una stanza a 100 euro con il portale online ne incasssa diciamo
85, tolte le commissioni; se la vende a 90 senza portale ne incassa
90 ed il consumatore spende meno. Sembra funzionare.
Andrea D'Amico, regional director di
Booking.com per l'Italia, spiega però che la questione della
"rendita di posizione" in realtà era già in parte
superata: le autorità antitrust di Svezia, Francia e Italia avevano
nei mesi scorsi contestato a Booking.com i vincoli sulle offerte
tariffarie e Booking.com aveva a quel punto annunciato che avrebbe
rinunciato a tutti i vincoli tranne quello sulle vendite online. “La
ragione è quasi ovvia: se un cliente trova online su Booking.com un
prezzo e poi ne trova uno inferiore sul sito dell'hotel comprerà lì.
Booking.com avrà investito risorse e a trarne beneficio sarà
l'albergo, senza pagare alcuna commissione”. Per questo l'autoritàAntitrust italiana il 21 aprile scorso, insieme alle autorità
svedesi e francesi, annunciava di accettare gli impegni presi da
Booking.com, che avrebbe potuto vincolare gli hotel a non praticare
tariffe più basse solo sul poprio sito lasciando loro la possibilità
di farlo con tutti gli altri sistemi di vendita, dal telefono al
front desk agli altri canali online. Insomma: il cliente se vuole
può spendere meno. Ma l'albergo, se vuole avere la visibilità che
Booking.com garantisce, deve accettare almeno il limite della vendita
dal suo sito. “Gli impegni offerti da Booking.com conseguono il
giusto equilibrio per i consumatori in Francia, Italia e Svezia,
ripristinando la concorrenza e, al contempo, preservando la fruizione
semplice e gratuita dei servizi di ricerca e di comparazione,
incoraggiando lo sviluppo dell’economia digitale”, scrivevano i
presidenti delle tre autorità.
Non bastava? No.
Risponde Nucara che quello
dell'Antitrust è stato solo "un primo timido passo. Il mercato
si sta spostando online e dire agli alberghi che non potranno vendere
sul loro sito mi sembra anche un autogol. Questo è un confronto
impari tra un colosso che muove 40 miliardi di euro all'anno e un
signore, l'albergo, la singola struttura, che spara con la pistola ad
acqua".
Booking.com è certamente un colosso:
10 mila dipendenti di cui 230 in Italia, 700mila strutture
alberghiere nel mondo, 90mila solo in Italia. Ma è un colosso che ha
portato lo scorso anno 7 milioni di prenotazioni di stranieri, che
sono andati a dormire da altrettanti signori con la pistola ad acqua.
Investendo milioni di euro in algoritmi e tecnologia, chiedendo agli
albergatori una commissione tra il 15 e il 18 per cento ed offrendo
in cambio posizionamento, investimenti in decine di siti (dalle
compagnie aeree alle società di noleggio auto) traduzioni in 42
lingue, assistenza al cliente 24 ore su 24. L'albergo non paga nulla
fino a quando non c'è una prenotazione. "Pochi ricordano che la
parità tariffaria è nata per volontà degli albergatori",
ricorda D'Amico. "Nel mondo del turismo prima della rete
internet c'erano grossisti che compravano stanze da vendere ai tour
operator che a loro volta vendevano alle agenzie di viaggio. Allora
le commissioni – anche per il numero degli intermediari -
arrivavano al 40 per cento, e soprattutto non c'era alcuna
trasparenza sui prezzi. La parità costituiva per gli alberghi la
certezza che indipendentemente dal canale di vendita, il prezzo
sarebbe stato certo".
È anche vero che parliamo di un altro
mondo, come dice Nucara: "Prima c'erano due grandi poli: quello
intermediato che era collettivo, fatto di viaggi di gruppo; poi c'era
il non intermediato che era per il viaggio individuale. Oggi è
diverso, l'individuale è molto spesso intermediato dai portali. Se
tutto il mercato è intermediato le commissioni dovrebbero scendere,
non salire".
Booking.com ha venduto la prima stanza
in Italia all'inizio degli anni 2000, dal 2006 ha cominciato ad
operare direttamente sul nostro territorio ed ha costruito la sua
rete con il metodo tradizionale degli account manager che andavano a
visitare l'hotel per proporre l'ingresso nella piattaforma. Quello
che ci si potrebbe chiedere è che interesse avrebbe a rimanere in
Italia se la legge passasse anche al Senato. Se il viandante russo
cerca da dormire a Poggibonsi su internet verosimilmente lo trova su
Booking.com o su qualche concorrente. Trovato l'hotel, va sul suo
sito e prenota a prezzo più basso. Perché Booking.com dovrebbe
spendere soldi per tradurre in russo le pagine su quell'hotel?
Booking.com non ha comunque intenzione
di lasciare l'Italia e Federalberghi ci tiene a sottolineare che non
si tratta di una guerra alle Ota, online travel agency: “nessuno
vuole la morte dei portali, sarebbe sciocco. So che l'albergatore ha
visibilità grazie ai portali, che fanno loro mestiere", dice
Nucara.
D'Amico dal canto suo ridimensiona
qualche titolo esagerato uscito nei giorni scorsi, quando si è letto
della "minaccia di Booking.com" che sarebbe stata appunto
"pronta" a "lasciare l'Italia". "Saremmo
stupidi se dicessimo che domani ce ne andiamo dall'Italia. Chi ha
detto che minacciamo di levare le tende ci conosce poco ed ha anche
una scarsa conoscenza di un soggetto che opera in un mercato e fa le
sue scelte per business, non per affermare una idea. Anzi, vorrei
dire alle strutture italiane che noi non chiudiamo con loro anche se
non ci dessero la migliore tariffa. Vogliamo confrontarci,
discuterne, trovare soluzioni. Ricordando anche - ce lo disse un
sondaggio che commissionammo qualche anno fa - che il 72 per cento
delle strutture dichiarava di aver aumentato il fatturato grazie alle
Ota. Magari potremmo decidere di investire di più in Spagna
piuttosto che in Brasile, ma non ce ne andiamo. E ai consumatori dico
che manterremo la garanzia della miglior tariffa", che prevede,
da parte di Booking.com, il rimborso della differenza se un cliente
trova altrove una tariffa migliore.
L'impressione è che la battaglia di
Federalberghi sia stata più simbolica (il turismo del Belpaese
contro la multinazionale) che di sostanza. Implicitamente lo ammette
anche Nucara: "Questa norma non è la panacea, perché - lo dico
agli albergatori - se passa la legge l'albergo sarà più libero di
fare il prezzo che ritiene ma se vorrà clienti dovrà investire,
fare il sito più bello, avere personale più formato, e il portale
dovrà offrire altri servizi.".
Di certo la vicenda ha mostrato che la
multinazionale olandese Booking.com, di proprietà della
multinazionale americana Priceline, non è riuscita ad ottenere più
di 4 voti contro i 434 favorevoli all'emendamento. Scarsini nel fare
lobbying? "In Italia Federalberghi è molto potente,
evidentemente, visto che in materia di concorrenza non vale quello
che dice l'Autorità per la concorrenza e il mercato e la Camera vota
quello che dice Federalberghi. Noi confidiamo nel Senato",
risponde D'Amico.
Di certo il mercato in Italia ha potenzialità di
crescita notevoli. Abbiamo 2 milioni di posti letto nei 24 mila hotel
da tre stelle in su, 700 milioni di notti vendibili all'anno e ne
vendiamo solo circa 280 milioni.
"Lo scorso anno si è superato il
miliardo e 200 milioni di viaggiatori nel mondo", dice D'Amico.
"Visto che nei prossimi anni viaggerà un miliardo di persone in
più la priorità dovrebbe essere intercettarne in Italia almeno una
parte, possibilmente la più danarosa, per essere venali",
conclude Nucara.
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