martedì 13 ottobre 2015

Federalberghi contro Booking.com: le opinioni a confronto

Nei giorni scorsi la Camera ha approvato la legge annuale sulla concorrenza. Tra gli articoli, uno riguarda gli alberghi e i loro rapporti contrattuali con le piattaforme di prenotazioni online, come Booking.com. Aggiunto al disegno di legge con un emendamento promosso da Tiziano Arlotti, un deputato Pd nato a Rimini ed eletto in Emilia Romagna, dichiara "nullo ogni patto con il quale l’impresa turistico-ricettiva si obbliga a non praticare alla clientela finale, con qualsiasi modalità e qualsiasi strumento, prezzi, termini e ogni altra condizione che siano migliorativi rispetto a quelli praticati dalla stessa impresa per il tramite di soggetti terzi, indipendentemente dalla legge regolatrice del contratto". È la cancellazione del cosidetto parity rate, il vincolo che il portale di prenotazioni online chiede all'albergo: vendo le tue stanze se mi prometti di non venderle a prezzi inferiori.
A votare questa norma una ampia maggioranza traversale che comprende Pd, Scelta Civica, Sel, Forza Italia, Al.

Alessandro Nucara, direttore generale di Federalberghi, che raggruppa oltre 27mila dei 34 alberghi italiani, esulta: "C'è più libertà. Piu libertà per le imprese, che potranno fare il prezzo che riterranno opportuno, per i consumatori, che potranno scegliere e anche per i portali, che potranno liberarsi di questa rendita di posizione di cui hanno usufruito. Dovranno metterci un po' di pepe in più, e quando succede siamo tutti più bravi. La concorrenza fa bene a tutti".
Insomma, secondo Nucara la norma, quando sarà approvata definitivamente (deve passare al Senato), porterà ad un "mercato più efficiente". Se un albergo vende una stanza a 100 euro con il portale online ne incasssa diciamo 85, tolte le commissioni; se la vende a 90 senza portale ne incassa 90 ed il consumatore spende meno. Sembra funzionare.
Andrea D'Amico, regional director di Booking.com per l'Italia, spiega però che la questione della "rendita di posizione" in realtà era già in parte superata: le autorità antitrust di Svezia, Francia e Italia avevano nei mesi scorsi contestato a Booking.com i vincoli sulle offerte tariffarie e Booking.com aveva a quel punto annunciato che avrebbe rinunciato a tutti i vincoli tranne quello sulle vendite online. “La ragione è quasi ovvia: se un cliente trova online su Booking.com un prezzo e poi ne trova uno inferiore sul sito dell'hotel comprerà lì. Booking.com avrà investito risorse e a trarne beneficio sarà l'albergo, senza pagare alcuna commissione”. Per questo l'autoritàAntitrust italiana il 21 aprile scorso, insieme alle autorità svedesi e francesi, annunciava di accettare gli impegni presi da Booking.com, che avrebbe potuto vincolare gli hotel a non praticare tariffe più basse solo sul poprio sito lasciando loro la possibilità di farlo con tutti gli altri sistemi di vendita, dal telefono al front desk agli altri canali online. Insomma: il cliente se vuole può spendere meno. Ma l'albergo, se vuole avere la visibilità che Booking.com garantisce, deve accettare almeno il limite della vendita dal suo sito. “Gli impegni offerti da Booking.com conseguono il giusto equilibrio per i consumatori in Francia, Italia e Svezia, ripristinando la concorrenza e, al contempo, preservando la fruizione semplice e gratuita dei servizi di ricerca e di comparazione, incoraggiando lo sviluppo dell’economia digitale”, scrivevano i presidenti delle tre autorità.
Non bastava? No.
Risponde Nucara che quello dell'Antitrust è stato solo "un primo timido passo. Il mercato si sta spostando online e dire agli alberghi che non potranno vendere sul loro sito mi sembra anche un autogol. Questo è un confronto impari tra un colosso che muove 40 miliardi di euro all'anno e un signore, l'albergo, la singola struttura, che spara con la pistola ad acqua".

Booking.com è certamente un colosso: 10 mila dipendenti di cui 230 in Italia, 700mila strutture alberghiere nel mondo, 90mila solo in Italia. Ma è un colosso che ha portato lo scorso anno 7 milioni di prenotazioni di stranieri, che sono andati a dormire da altrettanti signori con la pistola ad acqua. Investendo milioni di euro in algoritmi e tecnologia, chiedendo agli albergatori una commissione tra il 15 e il 18 per cento ed offrendo in cambio posizionamento, investimenti in decine di siti (dalle compagnie aeree alle società di noleggio auto) traduzioni in 42 lingue, assistenza al cliente 24 ore su 24. L'albergo non paga nulla fino a quando non c'è una prenotazione. "Pochi ricordano che la parità tariffaria è nata per volontà degli albergatori", ricorda D'Amico. "Nel mondo del turismo prima della rete internet c'erano grossisti che compravano stanze da vendere ai tour operator che a loro volta vendevano alle agenzie di viaggio. Allora le commissioni – anche per il numero degli intermediari - arrivavano al 40 per cento, e soprattutto non c'era alcuna trasparenza sui prezzi. La parità costituiva per gli alberghi la certezza che indipendentemente dal canale di vendita, il prezzo sarebbe stato certo".
È anche vero che parliamo di un altro mondo, come dice Nucara: "Prima c'erano due grandi poli: quello intermediato che era collettivo, fatto di viaggi di gruppo; poi c'era il non intermediato che era per il viaggio individuale. Oggi è diverso, l'individuale è molto spesso intermediato dai portali. Se tutto il mercato è intermediato le commissioni dovrebbero scendere, non salire".

Booking.com ha venduto la prima stanza in Italia all'inizio degli anni 2000, dal 2006 ha cominciato ad operare direttamente sul nostro territorio ed ha costruito la sua rete con il metodo tradizionale degli account manager che andavano a visitare l'hotel per proporre l'ingresso nella piattaforma. Quello che ci si potrebbe chiedere è che interesse avrebbe a rimanere in Italia se la legge passasse anche al Senato. Se il viandante russo cerca da dormire a Poggibonsi su internet verosimilmente lo trova su Booking.com o su qualche concorrente. Trovato l'hotel, va sul suo sito e prenota a prezzo più basso. Perché Booking.com dovrebbe spendere soldi per tradurre in russo le pagine su quell'hotel?
Booking.com non ha comunque intenzione di lasciare l'Italia e Federalberghi ci tiene a sottolineare che non si tratta di una guerra alle Ota, online travel agency: “nessuno vuole la morte dei portali, sarebbe sciocco. So che l'albergatore ha visibilità grazie ai portali, che fanno loro mestiere", dice Nucara.
D'Amico dal canto suo ridimensiona qualche titolo esagerato uscito nei giorni scorsi, quando si è letto della "minaccia di Booking.com" che sarebbe stata appunto "pronta" a "lasciare l'Italia". "Saremmo stupidi se dicessimo che domani ce ne andiamo dall'Italia. Chi ha detto che minacciamo di levare le tende ci conosce poco ed ha anche una scarsa conoscenza di un soggetto che opera in un mercato e fa le sue scelte per business, non per affermare una idea. Anzi, vorrei dire alle strutture italiane che noi non chiudiamo con loro anche se non ci dessero la migliore tariffa. Vogliamo confrontarci, discuterne, trovare soluzioni. Ricordando anche - ce lo disse un sondaggio che commissionammo qualche anno fa - che il 72 per cento delle strutture dichiarava di aver aumentato il fatturato grazie alle Ota. Magari potremmo decidere di investire di più in Spagna piuttosto che in Brasile, ma non ce ne andiamo. E ai consumatori dico che manterremo la garanzia della miglior tariffa", che prevede, da parte di Booking.com, il rimborso della differenza se un cliente trova altrove una tariffa migliore.
L'impressione è che la battaglia di Federalberghi sia stata più simbolica (il turismo del Belpaese contro la multinazionale) che di sostanza. Implicitamente lo ammette anche Nucara: "Questa norma non è la panacea, perché - lo dico agli albergatori - se passa la legge l'albergo sarà più libero di fare il prezzo che ritiene ma se vorrà clienti dovrà investire, fare il sito più bello, avere personale più formato, e il portale dovrà offrire altri servizi.".

Di certo la vicenda ha mostrato che la multinazionale olandese Booking.com, di proprietà della multinazionale americana Priceline, non è riuscita ad ottenere più di 4 voti contro i 434 favorevoli all'emendamento. Scarsini nel fare lobbying? "In Italia Federalberghi è molto potente, evidentemente, visto che in materia di concorrenza non vale quello che dice l'Autorità per la concorrenza e il mercato e la Camera vota quello che dice Federalberghi. Noi confidiamo nel Senato", risponde D'Amico. 
Di certo il mercato in Italia ha potenzialità di crescita notevoli. Abbiamo 2 milioni di posti letto nei 24 mila hotel da tre stelle in su, 700 milioni di notti vendibili all'anno e ne vendiamo solo circa 280 milioni.

"Lo scorso anno si è superato il miliardo e 200 milioni di viaggiatori nel mondo", dice D'Amico. "Visto che nei prossimi anni viaggerà un miliardo di persone in più la priorità dovrebbe essere intercettarne in Italia almeno una parte, possibilmente la più danarosa, per essere venali", conclude Nucara.  

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