sabato 14 novembre 2015

"Il primo licenziato con il Jobs Act"

Prima (ieri) Il Messaggero Veneto, poi (oggi) La Repubblica raccontano la vicenda di un operaio della Pigna Evelopes licenziato dopo otto mesi. 
Entrato in azienda il 16 marzo 2015, una settimana dopo l'entrata in vigore del mitico Jobs Act, è stato licenziato pochi giorni fa perché l'azienda ha avuto un calo di lavoro. 
Classico licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ovvero per ragioni economiche. 
Si legge oggi sarebbe colpa della legge votata dal governo Renzi e della sua riforma del lavoro. 
In realtà non è così, perché - come ho già avuto modo di scrivere - i licenziamenti individuali non erano affatto vietati prima di quella legge, e neppure prima della legge Fornero, che aveva modificato alcune parti della dottrina sui licenziamenti.

Per esempio: nel 2013 sono stati licenziati per giustificato motivo oggettivo 720 mila persone, mica una. 720 mila persone come l'operaio di Udine, il cui licenziamento - probabilmente - ci sarebbe stato anche prima. Che il contratto di lavoro a tempo indeterminato fosse una specie di "matrimonio a vita" cui il datore di lavoro era costretto, insomma, era una storia cui poteva credere solo chi non ha nessuna idea di quel che succede nel mondo del lavoro.
Il caso dell'operaio di Udine insomma ci sarebbe stato anche prima. Forse con qualche allungamento dei tempi, con ricorsi e tentativi di allungare i tempi, ma con un esito identico. 

Le differenze sono due. La prima è che per quell'assunzione l'azienda ha beneficiato - grazie alla decontribuzione (che non è nel Jobs Act) di un bell'aiuto economico che non dovrà restituire. 
La seconda è in un difetto di "comunicazione", come dice il giurista Michele Tirabischi: se il governo vende una legge come la fine della precarietà ("la possibilità per le persone di avere una vita" e di fare "progetti") poi non si dovrebbe sorprendere che i giornali raccontino storie come quella dell'operaio della Pigna Envelopes con il titolo "altro che tutele crescenti". 

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