domenica 29 novembre 2015

La ridicola polemica sull'orario di lavoro

Anche un dibattito importante, come quello che riguarda le riforme della contrattazione, si è trasformato in una contesa ridicola in cui le battute, pure fuori contesto, del povero ministro Poletti hanno dato libero sfogo ad una marea di sciocchezze sul lavoro scritte da chi non ha proprio idea di cosa parla.
Aiutano i numeri, come sempre.
Secondo l'Istat il totale degli occupati nell'industria italiana "in senso stretto" era di oltre 3 milioni e 700 mila persone nel 2014. Quasi 4 milioni di persone che lavorano per conto di 250 mila aziende. Vuol dire che ogni azienda ha in media circa 12 dipendenti.
Nelle costruzioni c'era un altro milione di persone per oltre 200 mila aziende.
Nei trasporti, ristorazione, alloggio, commercio, altri 4 milioni per 643 mila aziende.
Negli altri servizi altri 3 milioni e 800 mila persone per 440 mila aziende.
Il totale dei lavoratori dipendenti in tutti questi settori è di oltre 11 milioni di persone. Il totale delle aziende è 1 milione e 540 mila.
Di queste quasi 1 milione e 400 mila hanno meno di dieci addetti. 

Cosa vi dicono questi numeri? Che la dimensione media delle aziende è piccolissima. La dimensione media di una azienda di costruzioni è di 5 addetti. Di una della industria in senso stretto è di 15, con picchi per la siderurgia e la costruzione di autoveicoli.

Alla luce di questi numeri davvero una persona dotata di un minimo di buon senso può dire che l'orario di lavoro non conta più tanto e che la cosa importante è "il risultato"? Ma che state a dì? Davvero pensate che "essere freelance è ormai la norma, non l'eccezione", come scrive un giornalista del Fatto?

Se in una azienda con cinque dipendenti ognuno lavorasse come vuole, in nome di una specie di libertà di auto-organizzarsi perché il lavoro ormai non è organizzato più come una volta, l'azienda chiuderebbe. Se uno si mettesse con un megafono davanti alla fabbrica a spiegare agli operai che entrano che l'orario di lavoro non è più così importante chiamerebbero la neuro.
Lo so che "per noi giornalisti l'orario di lavoro non ha senso, che un'amico di mio cugino che fa recensioni per un sito web l'altra sera twittava i commenti sui social e allora come lo consideriamo questo lavoro, che orario ha?", ma il tema non è questo, perché se per quel giorno non esce il pezzo sul blog non succede nulla, e neppure se Gramellini si sente male e neppure se io non scrivessi questo post. Persino se non uscisse in edicola La Repubblica per un giorno.

E' che se le commesse di Carrefour o i medici del Policlinico o i dipendenti delle Poste o gli addetti al forno di una fonderia o gli ingegneri che progettano dirigono i lavori sull'autostrada, i poliziotti, i casellanti, chi guida i treni, chi fa funzionare la rete internet, chi lavora in Parlamento, chi manda in onda le tv e le radio di tutto il mondo, se tutti questi non vanno a lavorare all'orario previsto poi è un problema, un problema serio.
Che poi tra parentesi, a proposito di Carrefour, altri giornalisti ci scassano da anni sulla bellezza della città sempre aperta, e ho visto un Carrefour a Ostia aperto h24. Lì l'orario di lavoro conta eccome, no?

Per dire: l'orario di lavoro dei poligrafici che stampano il giornale è una cosa seria, non un feticcio del passato. Magari tra cento anni non servirà più, ma dire che non è quella la misura del lavoro equivale a dire che non è del prezzo della benzina che si deve parlare, che non è quello il problema perché l'automobile è un residuato bellico e tra poco andremo tutti a lavorare con delle macchine volanti a propulsione eolica.
Quando ero regazzino si citava sempre il pezzo degli acerbi Manoscritti economico-filosofici di un filosofo con la barba in base ai quali nella società comunista uno poteva di giorno pescare o cacciare e di sera fare il critico critico senza per questo essere una o l'altra cosa, perché la divisione del lavoro era superata dalla società senza classi. Era un'ottimo programma, basato però sulla dittatura del proletariato. Programma che a me va pure bene. Non so a voi.

Nessun commento:

Posta un commento