martedì 1 settembre 2015

Lavoro, i gufi e i dati

Non si tratta di fare i gufi. I dati dell'Istat diffusi oggi sono incontrovertibili quanto a numeri, e dunque è inutile dire "sì ma". Gli occupati sono aumentati, i disoccupati diminuiti. Se si va a vedere dentro quei numeri, scomponendoli, si può capire meglio di che tipo di lavori e di lavoratori si parla. Ma il dato è netto.

Certo, il Pd si affida a responsabili economici come Filippo Taddei che dice alla tv de L'Unità che i 235 mila italiani in più al lavoro rappresentano "un balzo che non ha molti precedenti negli anni recenti", e qui uno fatica a non mettersi a ridere. A meno di non intendere per anni recenti l'anno scorso o quello prima, di "balzi senza precedenti" come quello di oggi se ne possono contare anche di molto più significativi, per esempio negli anni 2006-2008. Quando l'economia andava bene anche se non c'erano le riforme del governo Renzi. Che sia quello soprattutto a far aumentare l'occupazione?

Taddei poi avrà visto i grafici e dunque dice che cresce di più l'occupazione a tempo indeterminato rispetto a quella a termine. Ma non dice che diminuisce l'occupazione delle persone con meno di 34 anni, e che ad aumentare è quella degli over 50. Meno male, tornano al lavoro quelli che l'avevano perso, sia chiaro.

Aumentano dopo tanti mesi negativi gli occupati nel settore delle costruzioni. Forse dunque l'abolizione della tassa sulla prima casa non serve per dare una spinta al settore.
Taddei non dice che aumentano gli occupati part time "involontari", ovvero quelli che hanno accettato un lavoro ad orario ridotto pur di lavorare. I lavoratori part time non sono pochi, circa 3 milioni e 300 mila. Oltre il 60 per cento di costoro è "involontario", ovvero preferirebbe un lavoro a tempo pieno.

Insomma: i dati sono positivi, speriamo che proseguano così, ma non si capisce perché uno dovrebbe fare gli inni dicendo viva viva viva il grande Renzi e il suo Jobs Act.

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