Sabino Cassese ha pubblicato per il Mulino Dentro la Corte, un suo
“diario” da giudice costituzionale.
E' un
documento straordinario per un Paese come il nostro dove – come
dice lui stesso - “i titolari di cariche pubbliche raramente
scrivono libri di memorie o pubblicano i diari delle loro attività”.
Eppure – a parte qualche recensione veloce – è come se non fosse
stato letto. Eppure quelle pagine contengono annotazioni e
riflessioni giuridiche alternate a giudizi “politici” che
farebbero la gioia dei retroscenisti dei quotidiani. Quando – nel
2014 - la Consulta discute di unioni civili, per esempio, a Cassese
arriva un biglietto con la scritta: “Perché il Papa non è rimasto
ad Avignone?”.
Il suo
dunque è un vero diario, con annotazioni curiose, persino
divertenti, che raccontano la vita quotidiana di un giudice
costituzionale, mescolate a riflessioni sulle decisioni prese, sul
ruolo della Corte, sul suo funzionamento, sugli altri sistemi (sono
moltissime infatti le osservazioni su decisioni delle Corti degli
altri Paesi, specie degli Usa e della Germania).
Quel che
Cassese fa fin dall'inizio è discutere la consuetudine di eleggere
presidente il giudice più anziano, scelta che “significa anche
soddisfare l'ambizione di molti di essere per qualche tempo la quarta
carica dello Stato e di poter poi fregiarsi del titolo di presidente
emerito”. Dunque, osserva nei primi giorni del suo mandato, nel
novembre 2005, per distinguersi in quel contesto sarebbe preferibile
scegliere “in base al criterio della rarità”.
Confermerà
la scelta del “criterio della rarità” in una lettera che invierà
ai suoi colleghi il 14 luglio 2014 per chieder loro, in vista della
imminente elezione del presidente, di non essere preso in
considerazione come candidato ritenendo “inadeguato alle esigenze
funzionali e al prestigio stesso della Corte un incarico della durata
di tre mesi nominali (di cui uno estivo) che si ridurrebbero a tre
giorni effettivi di presidenza del collegio”.
La Corte
Costituzionale è nata nel 1956, e da allora si sono succeduti 60
Presidenti. Cassese, che titola uno degli ultimi capitoli del libro
Ho partecipato alla nona elezione di un Presidente in nove anni,
ricorda che la Costituzione prevede che i Presidenti rimangano in
carica tre anni mentre nella sostanza la loro durata in carica è
spesso inferiore all'anno. Conosce l'argomento secondo il quale in
questo modo si rafforza la “collegialità dell'organo” ma pure
non ignora le “critiche costantemente rivolte alle nostre
presidenze brevi” che, pur se a volte “infondate”, sono
“comunque corrosive e tali da recar danno alla reputazione della
Corte”. Le critiche riguardano ad esempio presunti vantaggi
pensionistici per chi esce dalla Corte da presidente. Cassese legge
la lettera ai suoi colleghi. “La maggioranza della Corte (ma è una
minoranza dei componenti) non ascolta”, annota nel suo “diario”.
Conferenziere
di successo tra gli Stati Uniti, la Francia, la Germania e la Gran
Bretagna, con un passato da scholar alla Stanford Law School e di
professore alla Law School della New Yok University oltre che alla
Normale di Pisa, una carriera di studioso, insegnante, amministratore
pubblico e privato, lettore quasi “bulimico”, appassionato di
letteratura ma anche di cinema, Cassese arriva alla Corte
Costituzionale e scopre che “l'atmosfera è a metà tra convento e
collegio di studenti”; annota nei primi giorni del suo mandato che
la Corte “è come un cestino per la carta straccia” dove
finiscono questioni importanti e questioni irrilevanti.
Il
diario è ricco di annotazioni sui casi che in questi anni hanno
occupato le pagine dei giornali, da Previti alla costituzionalità
della legge elettorale, dal potere di grazia al caso Englaro, dalle
extraordinary renditions alla procreazione assistita, al lodo
Alfano, a molti altri; si sofferma su diverse questioni
apparentemente minori ma importanti (il caso di una radio e di una
legge sugli operatori nazionali merita nel libro un capitoletto
intitolato Kiss Kiss); elenca alcuni “temi futili e
ridicoli”, come quello della “certificazione dell'Azienda
sanitaria per la movimentazione del bestiame per evitare la
diffusione della febbre catarrale”.
In
Dentro la Corte si apprende anche di “discussioni accese”
il giorno che nevicò Roma, perché la neve aveva impedito la
presentazione di un ricorso dell'Avvocatura dello Stato che pervenne
fuori termine. “L'Avvocatura è un ufficio giudiziario? Lo è la
Corte Costituzionale? Non è vero che gli uffici postali erano
regolarmente funzionanti?”.
Molti
giudici che pongono questioni alla Corte sono definiti “ignoranti”
(giudizio attribuito da Cassese al presidente fino al luglio 2006,
Annibale Marini).
Quanto
al lavoro dei giudici costituzionali, il diario vira sul comico: “Un
collega, dopo una 'settimana' di lavoro iniziata il lunedì
pomeriggio e terminata la sera di martedì, ripete ironicamente lo
slogan degli anni '70: lavoro zero, salario intero”.
Scrive
Cassese che anche le udienze pubbliche si rivelano una delusione,
sono spesso “inutili”, “un rito in cui nessuno crede”, un
“presepe” in cui gli avvocati arrivano impreparati e spesso non
fanno neppure domande. Quando poi si esce dal Palazzo e si partecipa
a “qualche funzione esterna”, si legge ancora nel Diario, “ci
sarebbe da dar ragione a quelli che ritengono la Corte italiana
'Villa Arzilla', una casa di riposo per vecchi”
Quando
entra alla Corte Costituzionale Cassese si stupisce che non si
raccolgano in modo sistematico le sentenze delle Corti degli altri
Paesi. Quando ne esce la Corte accoglie “sistematicamente” le
sentenze costituzionali straniere e traduce in inglese le proprie.
Altre sue proposte rimangono invece al palo, come alcune misure per
“fare risparmi”: “non sono stati fatti e il bilancio non è più
sostenibile”.
La sua
nomina era stata voluta fortemente da Carlo Azeglio Ciampi e Cassese
racconta di averlo “fatto attendere” ma di aver poi accettato
anche perché – come dirà ai suoi studenti congedandosi - “le
cariche pubbliche, se offerte, non si rifiutano”.
Con
qualche compiacimento riproduce in chiusura del volume l'articolo con
cui Eugenio Scalfarì raccontò la sua nomina (insieme a Giuseppe
Tesauro e Maria Rita Saulle) il 3 novembre del 2005 da parte
dell'allora Presidente: tre “tecnici”; si scrisse allora.
Scalfari raccontava di un Berlusconi “infuriato” che minacciò di
non controfirmare la scelta del Presidente. Ma non lo fece. In Dentro
la Corte Cassese scrive anche di sua una visita a Ciampi, che gli
confida che sul suo nome Berlusconi non era d'accordo. “Gli ricordo
che avevo curato la preparazione, nel 1993-1994, di una legge
generale sulla televisione” e che “Berlusconi aveva dichiarato di
esser costretto a 'scendere in politica' per difendersi da chi voleva
regolare il Far West televisivo”.
Cassese
è stato anche giudice relatore, nel 2013, della sentenza che diede
torto a Berlusconi sul conflitto di attribuzione sollevato dall'ex
Cav nei confronti del Tribunale di Milano. Ma appena terminato il
mandato – nel novembre del 2014 – Il Foglio lo ha definito “ilperfetto presidente della Repubblica perché non è “mai diventato
un militante dalle tre narici”, non ha mai brandito la Costituzione
“come se fosse un'arma da sfasciare sulla testa di qualche outsider
malcapitato”.
A
Cassese non sfugge che si parli di lui come possibile Capo dello
Stato e, probabilmente dopo le elezioni del 2013, titola un
capitoletto Parentesi presidenziale.
Dentro
la Corte offre questi e molti altri spunti su questioni che rimangono
di stringente attualità. Per esempio: in questo mese il Parlamento
tenterà per l'ennesima volta di eleggere tre giudici costituzionali.
Per il primo dei tre sarà la ventisettesima votazione (Cassese era
ancora in carica quando ci fu il primo tentativo, nel maggio 2014).
Per gli altri due le fumate nere sono state di meno (quattro per il
secondo, due per il terzo). In ogni caso la Corte Costituzionale da
mesi lavora a ranghi ridotti, con 12 membri invece che 15.
Cassese,
anche di recente, ha criticato il ritardo ma ha anche ricordato che
pure in passato “sono verificate attese lunghe per le decisioni
parlamentari. La Costituzione non prevede sanzioni. Si potrebbe dire
'imputet sibi', perché così il Parlamento gioca un ruolo , a suo
danno”.
Nel
libro in compenso più di una volta critica la crescente tendenza
anche dei “presidenti ponte” a fare dichiarazioni alla stampa;
una tendenza che “risponde alla logica del segnalarsi, del farsi
notare come presidenti anche balneari. Il moralismo, in questi casi,
è rivolto agli altri, al Parlamento che non elegge due componenti
della Corte. Ma da quale pulpito viene la predica? Non sarebbe meglio
star zitti?”.
Cassese
vorrebbe la dissenting opinion, ovvero la possibilità di
rendere pubblico un parere diverso rispetto a quelo adottato dalla
Corte. Lo argomenta da tempo, sostenendo anche che non serve una
legge perché la Corte cominci a funzionare così, e lo fa in
appendice anche in Dentro la Corte. Se la Corte pubblicizzasse
il modo in cui si è arrivati ad una certa decisione si arricchirebbe
il dibattito invece di procedere, in modo sempre più incerto, sulla
strada del “segreto”. Un segreto che magari uno dei tanti
presidenti scioglierà appena diventato emerito.
L'ultimo
capitoletto si intitola Gute Nacht, come uno dei lieder di
Schubert. E con un verso da questo lied, in tedesco e vezzosamente
senza traduzione, si chiude il diario. C'è scritto: “Da straniero
sono venuto, da straniero me ne vado”.
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